top of page

Alta fedeltà (High Fidelity)

2000, 113min.

di Stephen Frears

con John Cusack, Iben Hjejle, Jack Black, Catherine Zeta-Jones


Recensione di Giovanni Comazzetto


Spoilerometro:




Proprio come un vecchio disco in vinile, polveroso e graffiato, Alta fedeltà possiede un fascino misterioso: ha la leggerezza malinconica di una canzone pop, l’aura di una copertina ingiallita, il tono scanzonato e amaro di un viaggio nella nostalgia e nella disillusione sentimentale.

La musica è un potente generatore di senso. Conforta, ispira, distrae, risveglia, talvolta sconvolge, molto spesso trasforma. Per Rob (John Cusack), proprietario di un piccolo negozio di dischi, la musica occupa il tempo dell’intera esistenza, ne scandisce gli episodi-chiave. La sua vita può essere ricostruita a partire dalla sua sterminata collezione di dischi, o dalle classifiche (top five) che compila in modo quasi ossessivo insieme ai due amici/dipendenti Dick e Barry – pure loro dotati di una cultura musicale enciclopedica, talvolta pedante.



Negli anni Cinquanta il Long Playing aveva rivoluzionato il modo di comporre la musica, liberando gli artisti dai limiti strutturali del 78 giri in gommalacca: il nuovo formato, superiore per durata e qualità, permetteva di concepire l’album come percorso narrativo, esplorazione dei sentimenti o viaggio psichedelico, fino ad arrivare alle maestose opere rock degli anni Settanta. Gli LP sono stati in qualche modo anche la colonna sonora dell’idealismo rivoluzionario degli anni Sessanta, contribuendo alla diffusione delle idee della controcultura. Soppiantato dal compact disc, a partire dagli anni Novanta il disco in vinile si è trasformato in un oggetto di culto per collezionisti, relegato a un mercato di nicchia che ha conosciuto alti e bassi fino ai giorni nostri.



Alta fedeltà, ambientato a metà degli anni Novanta, rispecchia il disincanto e la confusione di una generazione di trentenni che nella musica fatica sempre più a trovare il potenziale trasformativo dell’epoca precedente, rifugiandosi nella passione antiquaria e nell’ascolto in solitudine. Il personaggio disegnato da John Cusack incarna alla perfezione lo spirito di questo nuovo corso: irrequieto e disilluso, non riesce ad impegnarsi in nulla, né nel lavoro né nei rapporti. Pur concentrandosi nell’autoanalisi, Rob è il classico eroe con i paraocchi, incapace di vedere nel proprio egocentrismo e nell’impossibilità di ascoltare gli altri la causa dei propri fallimenti. La rottura con Laura, ultima di una serie di relazioni infelicemente concluse (puntualmente ordinate in una top five), lo spinge però a rievocare le storie passate e a mettere in discussione le proprie scelte di vita.



Alta fedeltà è un riuscito confessionale maschile, un’esplorazione del cervello plasmato dalla cultura pop. Inframezzato da flashback, discussioni musicali e trovate comiche (grazie soprattutto all’allora emergente Jack Black), il film segue i monologhi del protagonista, che si rivolge direttamente alla telecamera alternando ricordi delle vecchie relazioni a penetranti osservazioni di costume. Nella ricca galleria di personaggi secondari, meritano una menzione Tim Robbins (il ‘rivale’ in amore di Rob) e “The Boss” Bruce Springsteen, che appare in un cameo.



Voto: 4/5

Comments


bottom of page