2022, 100min.
di Giulia Giapponesi
con Vinicio Capossela, Carlo Pestelli, Cesare Bermani, Luigi Morrone, Floriana Diena Putaturo
Di Valentina Corona
Spoilerometro:

L’“ennesimo” film sulla Resistenza? No, quello di Giulia Giapponesi non lo è.

Non pare un caso che proprio l’Emilia-Romagna Film Commission abbia voluto scommettere per prima sull’opera della giovane regista bolognese, co-prodotta da Palomar, Rai Documentari e Luce Cinecittà. Al centro del progetto si trova un interrogativo forse banale, ma capace di condurre lo spettatore in un viaggio nel tempo e nello spazio dal sapore quasi “giallo”: come spiegare la diffusione capillare e globale della canzone inno della Resistenza in una generazione di giovanissimi proprio nel momento in cui gli ultimi partigiani stanno morendo?
Bella ciao - Per la libertà si mette sulle tracce della canzone italiana più famosa di tutti i tempi e si sviluppa in una ricerca che è diacronica e sincronica allo stesso tempo: i materiali tratti dagli archivi di Home Movies, gli affondi nella rassegna stampa del Secondo dopoguerra e le interviste ai reduci partigiani potrebbero illudere lo spettatore di trovarsi davanti al tentativo di ricostruire una linea del tempo che, come tante altre, si muove dal presente al passato alla ricerca di un’origine. All’improvviso, però, la paternità topica dei materiali documentari oggetto dell’analisi di Giapponesi e del suo gruppo si sposta dall’Italia alla Turchia, all’Iraq, al Rojava: che ci fa in quei paesi una versione in lingua locale di “Bella ciao”? Che ci fa, poi, una traduzione di “Bella ciao” nelle lingue di più di quaranta popoli nel mondo?
Se enigmatico rimane il mistero dell’archetipo della canzone – le voci di testimoni ed esperti si avvicendano nell’affermare e nel negare, con alternato fervore, che la canzone si trovasse davvero nelle bocche dei partigiani nei giorni della Liberazione –, Giulia Giapponesi sembra suggerire che non è forse poi così importante trovare una risposta filologicamente ineccepibile. Perché “Bella ciao” è oggi più viva che mai nelle bocche di chi lotta per la libertà e trova forza e consolazione nell’ispirarsi a un canto che, in qualunque modo siano andate le cose, rimane saldamente ancorato alla storia di una vittoria e, ancora oggi, fa paura agli oppressori di tutto il mondo.


Il documentario di Giapponesi apre una finestra su un laboratorio di storiografia, offrendo uno sguardo privilegiato sulla minuziosa disamina di fonti scritte e orali che accompagna il ricercatore che ambisca a formulare un’ipotesi degna di trovare spazio nei libri di storia. Ma c’è un momento in cui, dopo l’accostamento delle versioni sull’origine della canzone di Pestelli, Bermani e Morrone, con un breve silenzio la regista accompagna lo spettatore su Floriana Diena Putaturo, che ricorda con lucidità ed emozione di avere cantato “Bella ciao” quando era solo una bambina: è in quel momento che il laboratorio si confronta con la realtà delle vicende umane e col significato più profondo della memoria. “Bella ciao”, allora, altro non è che un espediente per dare spazio ai popoli che ancora oggi lottano per la loro Liberazione: come rivelano i dati che sfilano nel finale del film, documentare, ricordare, lottare non hanno smesso di essere operazioni necessariamente sottese al cinema come forma d’arte.

Voto: 3,5/5
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