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Carne trémula

1997, 103min.

di Pedro Almodóvar

con Penelope Cruz, Liberto Rabal, Francesca Neri, Javier Bardem, Angela Molina, José

Sancho


Recensione di Sofia Magliozzo


Spoilerometro:



Come suo primo adattamento cinematografico Almodóvar sceglie il romanzo poliziesco della scrittrice Ruth Rendell trasformandolo in una storia oscura, quasi in un thriller erotico pieno di suspense capace di descrivere gli effetti corroboranti della democrazia dopo lunghi anni di repressione sotto il regime di Francisco Franco. Carne trémula, infatti, inizia nella Spagna del 1970 e prosegue in quella post-franchista del 1996.


Il film, che si apre con un flashback in cui Isabel Plaza Caballero (P. Cruz) partorisce su un autobus Victor (L. Rabal), si circoscrive a un triangolo in cui quest’ultimo viene coinvolto nella vita di due coppie: Elena (F. Neri) e David (J. Bardem) e Clara (A. Molina) e Sancho (J. Sancho). La storia inizia quando Victor prende in ostaggio Elena ritrovandosi in una situazione di stallo messicano tra due poliziotti, e spara accidentalmente colpendone uno. Il film riprende quando Victor esce di prigione e cerca di fare i conti con con David, il poliziotto che ha costretto su una sedia a rotelle a seguito della sparatoria. Nei sei anni di reclusione di Victor, egli non è solo diventato campione della nazionale di basket paraolimpica, ma ha anche sposato Elena mentre il suo collega, Sancho, sospetta che la moglie Clara lo tradisca con Victor.



Nelle mani di Almodóvar tutto questo si traduce un film colorato ed esuberante su un ragazzo il cui destino è trovare Elena. Victor è distratto dalla sua ricerca, ma resta sempre abbastanza lucido e capace di non cadere nelle grinfie di un destino più grande di lui. Allo stesso tempo, però, tutti i personaggi affrontano le loro vicende mentre si scontrano con i propri demoni. Il fulcro tematico del film è esattamente questo: la ragnatela di responsabilità, cause e conseguenze, che compone inesorabilmente il labirinto di sensi di colpa da cui ognuno cerca di uscire. La sceneggiatura di Carne trémula si dipana, infatti, intorno al cardine dell’imputabilità e del giudizio delle cinque persone coinvolte nell'incidente. Ovviamente tutti questi eventi creano una vivace farsa da salotto, ma il regista tira dritto: i personaggi vanno oltre gli archetipi e ognuno segue il proprio cuore, con conseguenze reali.



Sebbene Almodóvar non sia né scenografo né costumista né direttore della fotografia di questo, come di tutti i suoi film, la sua narrazione visiva consegna composizioni precipue, facilmente riconoscibili: le inquadrature inclinate per creare atmosfere distorte e disorientanti, lo strumento del rallentatore per esaltare la passionalità dei due amanti nelle scene erotiche, solo per citare alcuni esempi. Il risultato è che Almodóvar, a questo punto, non è più solo un regista, ma un vero e proprio direttore artistico che abbraccia, con la sua visione, ogni aspetto tecnico della produzione del film.



Con Carne trémula il regista castigliano conclude il passaggio, iniziato con La Flor de mi Secreto (1995), che da film stravaganti e di audience prettamente nazionale lo porterà a opere drammatiche e più complesse che gli garantiranno un prestigio internazionale. Il film infatti porta Almodóvar a nuovi livelli di maturità che gli consentono di approfondire e di esplorare temi più universali come la questione della disabilità.

Allineandola a una più ampia trasformazione culturale, il regista dimostra come l'inclusione delle persone diversamente abili possa favorire un clima politico più democratico per tutti i cittadini.


Carne trémula rimane fedele al titolo del romanzo di Rendell “Live Flesh” e parla di tensioni irresistibili e di impulsi che fanno contrarre la pelle. Privilegiando la contrazione rispetto alla passione, e il desiderio rispetto alla soddisfazione, Almodóvar esce dal solito cliché della narrazione erotica, e ci consegna un film scintillante, elegante e divertente.



 

Voto: 4/5

 

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