Companion
- traumfabrikblog
- 15 mag
- Tempo di lettura: 3 min
2025, 97 min.
di Drew Hancock
con Sophie Thatcher, Jack Quaid, Lukas Gage
di Francesco Mosca
Spoilerometro:

Companion, esordio registico di Drew Hancock, è un film che tenta di fondere horror, commedia nera e thriller tecnologico in un unico, violento, cocktail narrativo. La storia ruota attorno a Iris (Sophie Thatcher, Heretic, Yellowjckets), un’androide acquistata da Josh (Jack Quaid, The Boys, Oppenheimer, Mr. Morfina) come compagna affettiva, fin quando un’improvvisa ribellione non trasforma l’idillio romantico in un inferno sanguinolento. Con un’estetica retro-futuristica, il film alterna sequenze gore a momenti di vera suspense, sorretti da un montaggio serrato e dal sapiente uso di effetti speciali “analogici” rispetto a quello di CGI.

Sul piano tecnico, Hancock mostra mano sicura sia dietro la macchina da presa sia nel coordinamento con il direttore della fotografia Marco Ferrer. I contrasti cromatici tra neon accesi e ambienti oscuri creano un’atmosfera che si rifà alle migliori puntate di Black Mirror. Il montaggio rapido amplifica la tensione, infatti, seguendo il ritmo della sceneggiatura, lo spettatore assiste ad improvvise scene di violenza, interruzioni di dialoghi carichi d’ironia e stacchi su primi piani intensi che rendono la visione un’esperienza quasi claustrofobica. Il trucco gioca un ruolo cruciale nelle scene di svelamento robotico di Iris, dove incisioni meccaniche e micro-luminescenze sul volto rivelano la natura ibrida del personaggio.
La colonna sonora di Benjamin Ross che mescola sintetizzatori anni Ottanta a percussioni industrial, scandisce momenti di massima tensione con ritmi martellanti e si apre a pause surreali capaci di stemperare l’orrore in una vena quasi grottesca. Questo tappeto sonoro, che ammicca a John Carpenter e alle suggestioni electro-wave, diventa esso stesso un protagonista, guidando lo spettatore attraverso i picchi emotivi della vicenda.
Sul fronte delle interpretazioni, Sophie Thatcher regala una performance notevole: la sua Iris passa con naturalezza da un’espressione angelica a uno sguardo glaciale da vendicatrice, restituendo con credibilità sia l’innocenza programmata sia la furia autodeterminata. Jack Quaid interpreta Josh come simbolo di mascolinità tossica: il suo crollo emotivo, dal controllo assoluto alla disperazione totale, è uno dei momenti più riusciti dell’intero film. Anche i ruoli secondari, affidati a Lukas Gage e Harvey Guillén, portano un contrappunto di leggerezza e sarcasmo che bilancia la componente splatter con un’ironia graffiante.

La sceneggiatura, pur imperniata su alcuni cliché del thriller tecnologico, utilizza il rapporto uomo-macchina per smontare con satira i modelli classici del romanticismo hollywoodiano. I dialoghi oscillano tra battute pungenti e riflessioni sul libero arbitrio, lasciando sul piatto domande etiche non del tutto risolte: chi è davvero “vivo”? Quali diritti ha una creazione meccanica? Companion non pretende di offrire risposte definitive, ma preferisce lasciare allo spettatore il compito di riflettere sui confini tra creatore e creatura. Eppure, nonostante tenti di introdurre nuove prospettive su un tema che Hollywood tratta da decenni, la missione non è del tutto riuscita, anzi la sceneggiatura risulta l’elemento più debole e scontato del film, lasciando lo spettatore con un senso di scontato e di già visto.
Nel confronto con altre pellicole sul tema dell’intelligenza artificiale, emerge subito la differenza di tono e l’opera di Hancock ne viene fuori decisamente sottotono, rispetto ad altre opere del genere. Se Ex Machina (2014) di Alex Garland sceglieva un approccio minimalista e introspettivo, concentrandosi sulle dinamiche di potere, Companion, invece, punta tutto sul ritmo e sull’impatto visivo, sacrificando un po’ di riflessione filosofica in favore dello spettacolo. Her (2013) di Spike Jonze offriva la poetica malinconica di un amore impossibile: qui quel romanticismo viene ribaltato in chiave feroce e grottesca, con “la bot” che diventa emblema di rivalsa contro l’abuso affettivo. E ancora, A.I. Artificial Intelligence (2001) di Spielberg rimane un dramma struggente sull’appartenenza; Hancock trasforma quell’anelito in vendetta meccanica, con un tocco più leggero ma altrettanto tagliente. Infine, pur condividendo un’estetica rétro-futuristica con Blade Runner 2049, Companion preferisce l’ironia nera e un’ambientazione più semplice e realistica rispetto alle grandi atmosfere oniriche di Villeneuve.

In conclusione, Companion si impone come un’alternativa sanguinaria e satirica alle storie di intelligenza artificiale. Non aspira a eguagliare la profondità morale di alcuni suoi illustri predecessori e questo, a visione ultimata, lo penalizza rispetto alle opere citate. Infatti, nell’epoca in cui le IA sono piombate prepotentemente nella vita di quotidiana, e il loro uso sta già condizionando pesantemente anche gli ambiti lavorativi e professionali (oltre che privati), sarebbe stato lecito attendersi un film che andasse anche un po’ in profondità, lascando lo spettatore con delle riflessioni etico-filosofiche. Al netto di questo difetto, il film riesce comunque a intrattenere grazie ad una regia energica, interpretazioni solide e, soprattutto, grazie all’equilibrio riuscito fra humor nero, horror e gore. Perfetto per chi cerca un’esperienza cinematografica ad alta tensione, pur mantenendo molto in superficie la riflessione sulle paure contemporanee del rapporto uomo-macchina.
Voto: 3/5
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