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Corpo e anima (Testről és lélekről)

2017, 116min.

di Ildikó Enyedi

con Alexandra Borbély e Géza Morcsányi


Recensione di Valentina Corona


Spoilerometro:



In una foresta innevata due cervi si osservano e attraversano insieme la natura spoglia che li circonda. Le corna presenti su uno degli esemplari rivelano che si tratta di un maschio e di una femmina: il maschio si avvicina alla compagna e la annusa, ma la femmina si ritrae schiva. Il paesaggio bianco e disadorno della scena iniziale di Corpo e anima fa il paio con l’ambientazione asettica del macello ungherese in cui è appena stata assunta Mária (Borbély), nuova addetta al controllo qualità, silenziosa e ritrosa al pari dell’animale.



Mária è metodica e severa, al limite dell’ossessivo, e non tarda ad attirare su di sé le antipatie dei colleghi, ai quali non rivolge la parola. Endre (Morcsányi), il direttore amministrativo dello stabilimento, più vecchio di Mária e affetto da una paralisi a un braccio, non si lascia scoraggiare e prova comunque ad avvicinarla, incuriosito dalla sua personalità singolare. Nonostante a casa si eserciti a simulare i dialoghi con Endre, Mária non riesce però a scalfire l’enorme timidezza che le impedisce di comunicargli il suo interesse.



L’equilibrio immobile del rapporto tra i due muta quando, all’indomani di un furto all’interno del macello, una psicologa è chiamata ad aiutare nelle indagini sottoponendo a colloquio tutti i dipendenti dell’azienda. Mária ed Endre scoprono così di fare entrambi ogni notte lo stesso sogno: i due sono rispettivamente una cerva e un cervo che attraversa una foresta innevata in compagnia del partner.



In Corpo e anima Ildikó Enyedi, di ritorno sul grande schermo dopo diciotto anni di assenza, mette in scena una storia di finzione che ha al centro due antieroi assolutamente “veri” nella loro capacità di incarnare la fragilità umana: tra Mária ed Endre intercorre un rapporto sussurrato e delicatissimo, distante dalla rappresentazione urlata dei legami sentimentali a cui ci ha abituati la quasi totalità della produzione cinematografica recente. A ragione Enyedi, che di Corpo e anima scrive anche la sceneggiatura, per questo film coraggioso si aggiudica ogni genere di riconoscimento – si va dal bottino raccolto alla 67 a edizione del Festival di Berlino alla candidatura all’Oscar per miglior film straniero del 2018.


Enyedi racconta (1) di essersi ispirata nella scrittura a quattro versi della poesia di Ágnes Nemes Nagy Difendilo (Védd meg):


«Il cuore che sussultando prende fuoco,

il cuore avvolto da spesse nubi di neve,

come se dentro, mentre la neve la trafigge,

una città bruciasse senza fine».


Le fiamme dell’“anima”, quindi, non sempre toccano il “corpo”, ma la regista ungherese sa che lo scarto può essere colto solo a patto di un ascolto acuto e paziente. Se a un occhio superficiale Mária appare frigida e anaffettiva, l’osservazione della donna nella sua intimità, che Enyedi ci consente con le sue inquadrature, rivela che dentro di lei ardono le fiamme di un sentimento autentico e tuttavia incapace di assumere la dimensione della materialità.


Il sogno, allora, diventa l’unico luogo in cui corpo e anima, manifestazione esterna e istinto, possono ricongiungersi: nella foresta bianca di neve – la stessa neve che avvolgeva il cuore ritratto da Nemes Nagy – Mária ed Endre possono incontrarsi e lasciare spazio alla vita, abbandonando la morte che quotidianamente li circonda all’interno del macello.


Ottima, infine, la performance di Alexandra Borbély: il duro lavoro compiuto dall’attrice per non lasciare emergere la sua personalità, così diversa da quella di Mária, è stato senza dubbio ampiamente ripagato.



 

Voto: 4/5

 

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