1932, 64min
di Tod Browning
con Wallace Ford, Roscoe Ates, Olga Baclanova
Recensione di Luca La Russa
Spoilerometro:

Tentando di cavalcare l’onda di una memorabile stagione del cinema horror statunitense, la MGM incarica Tod Browning (reduce dal successo di Dracula con Bela Lugosi) di portare sullo schermo il più “orribile” copione del momento: l’adattamento di un racconto di Clarence Aaron “Tod” Robbins di cui il regista (che con l’autore condivide il soprannome) è già interessato da anni.
Probabilmente i vertici della grande casa di produzione non avrebbero nemmeno lontanamente immaginato di stare contribuendo alla creazione di un caso emblematico nella storia delle opere più sfortunate e maledette: la stessa MGM, infatti, dopo l’uscita del film finirà per rinnegarlo condannandolo al triste destino fatto di innumerevoli censure e tagli e la proiezione della pellicola verrà vietata in diversi stati del mondo.
Il pubblico dei primi anni 30 evidentemente non è pronto alla visione di questa opera che, per raccontare una cupa storia di inganno e vendetta tra le carrozze di un circo, porta in scena i reali interpreti del cosiddetto freak show, cioè persone affette da gravi disabilità e deformità come nanismo o mancanza di arti.

Il disagio generale causato dal film agli spettatori non va però attribuito banalmente alla forte presenza (seppur di non facile fruizione, forse, all’epoca) di tale anormalità. Il rifiuto dell’opera deriva, probabilmente, da una ragione più complessa che ha a che fare con la vera essenza dell’operazione di Browning. Questa, infatti, non risulta per nulla guidata da mera morbosità: assistiamo infatti a un non facile sovvertimento degli schemi tipici dei film dell’orrore che, generalmente, tendono ad associare la mostruosità alla cattiveria, ma che in questo caso viene invece manifestata dalla parte “normale” dei circensi a discapito dei poveri “freaks”. Ciò che accade al nano Hans, disprezzato dalla bella acrobata Cleopatra che lo inganna al fine di sfruttare la sua eredità, è un lampante esempio di tale stravolgimento.


Non è affatto casuale, dunque che il regista scelga di rappresentare questi “fenomeni” non nell’intento di spettacolarizzare le loro anomalie, ma, al contrario, di raccontare la loro personale ricerca di una possibile normalità dietro le quinte dello show, vivendo le gioie e i dolori della vita quotidiana, durante le pause tra un numero e l’altro. Questo capovolgimento di prospettive, cercato da Browning, evidentemente risulta comprensibile solo a distanza di tantissimi decenni dalla sua realizzazione.
Fa inoltre decisamente effetto ricordare che pochi anni dopo il debutto della pellicola vennero legittimati, da parte dei regimi totalitari, terrificanti e violenti atteggiamenti votati alla soppressione di ogni manifestazione a sostegno di possibili diversità o deviazioni rispetto a un ideale di normalità generalmente accettato, (basti pensare ai provvedimenti nazisti contro i disabili).
Ci troviamo quindi di fronte a un’opera indimenticabile e in anticipo sui tempi con cui l’autore ci invita (proprio come la tragedia della guerra di lì a breve farà, tristemente) a ripensare ai termini con i quali vengono definiti i confini della morale e della umanità.
Voto: 4/5
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