1978, 121min.
di Alan Parker
con Brad Davis, Randy Quaid, John Hurt, Irene Miracle, Paolo Bonacelli
Recensione di Sofia Magliozzo
Spoilerometro:

1970, aeroporto di Istanbul. L’impresa che Billy Heyes (Brad Davis) vuole portare a termine appare subito tanto chiara quanto rischiosa: il giovane americano rientrando da una vacanza in Turchia trascorsa con la fidanzata, decide di nascondere, «tra la pelle e la camicia» una ventina di chili di hashish, da contrabbandare una volta rientrato negli Stati Uniti. I momenti di angoscia e di suspense che si susseguono, prima che il protagonista riesca a salire sull’aereo superando i diversi stalli di sicurezza, conducono la mente dello spettatore all’unico destino possibile: l’arresto e l’incarcerazione.
È proprio questo l’episodio da cui trae avvio il dramma carcerario Fuga di mezzanotte. Infatti, una volta giunto nella prigione di Sağmıalclar, in cui regnano violenza, corruzione e insalubrità, Heyes viene condannato a trascorrervi dapprima solamente quattro anni, ma in seguito la pena verrà estesa, fino all’ergastolo. Lì viene picchiato, torturato sia fisicamente che mentalmente e sottoposto al sadismo delle guardie carcerarie, precipitando in uno stato di perenne follia. In carcere però riesce anche ad instaurare rapporti d’amicizia con alcuni compagni di prigionia come Jimmy (Randy Quaid) e Max (John Hurt): i tre uomini, uniti da un legame unico, al seguito dell’ampliamento della condanna di Billy, decidono di progettare e mettere in atto una vera e propria evasione, impresa insidiosa da sopportare emotivamente.

La sceneggiatura della pellicola, basata sul romanzo autobiografico dello stesso Billy Hayes, è scritta da Oliver Stone, che insieme al regista Alan Parker descrive la violenza e i momenti controversi, come le molestie dilaganti e lo stupro tra le guardie turche, portando intensità in ogni scena e costruendo scenari cruenti, caratterizzati da efferata crudeltà in cui la discesa di Billy nell'oscurità è spesso difficile da guardare e accettare.
Alan Parker dimostra di saper usare bene i suoi personaggi, modellandoli per conformarsi alla sua narrativa, fedele alla reale storia di Hayes, rendendo così Fuga di mezzanotte la rappresentazione di un incubo intriso di terrore minaccioso, oscurità e tortura inesorabile. Il film, infatti, si basa quasi esclusivamente sulla recitazione di Brad Davis, memorabile al punto tale da oscurare quasi tutti gli altri attori, tranne John Hurt, candidato poi come migliore attore non protagonista agli Oscar del 1979.

Il film, oltre a questa candidatura, incassando un enorme successo, ha ottenuto altre cinque nomination all'Oscar, tra cui quella per il miglior film portando a casa due statuette: quella per la migliore musica è stata vinta da Giorgio Moroder, che in seguito ha vinto l'Oscar per la musica di Top Gun (1986) e Flashdance (1983) e quella per la migliore sceneggiatura.
Pur essendo uno tra i film più celebri dedicati al mondo carcerario rispetto ad altri come Un condannato a morte è fuggito (1956), Papillon (1973) o Fuga da Alcatraz (1979), non affronta mai il tema in modo altrettanto radicale e dunque non sorprende che l’esito conclusivo non sia memorabile ed indimenticabile come quello a cui si giunge, ad esempio, in Papillon. Infatti, nel film di Franklin J. Schaffner il protagonista non riconosce mai la propria condizione di sottomesso e carcerato, ma sottopone a critica costante l’istituzione che lo imprigiona muovendo un afflato di liberazione che trova fondamento in una iniziale e irrispettosa posizione anti istituzionale.

In Fuga di Mezzanotte al contrario, il modo di contrapporsi alla detenzione è quello del procedere disperato all’interno della grottesca e labirintica giurisdizione turca ossia di opporre alla contorta e illogica legalità post-ottomana la più binaria giurisdizione americana, come muovendosi in un altro mondo sperando nelle regole del proprio. Più si va avanti nel film più il protagonista perde questa speranza per arrivare ad una sorta di fatalismo in cui, l’unica sua resistenza, è quella di non smarrire la propria dignità all’interno di uno scenario barbarico. L’occasione della libertà, strappata con la forza e con l’istinto, gli viene infatti offerta quasi inaspettatamente e prendendosela finalmente riscatta la propria visione sulla sua condizione.
Voto: 4/5
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