1972, 91min.
Di Wes Craven
con Sandra Cassel, Lucy Grantham, David Hess
Recensione di Cristiano Lo Presti
Spoilerometro:

Primo film scritto e diretto da Wes Craven, L’ultima casa a sinistra si inserisce nel filone horror/explotation detto “rape and revenge.
La storia che racconta è quella di Mari, una ragazza di famiglia borghese che in occasione di un concerto a cui non arriverà mai, insieme ad un’amica s’imbatte in un gruppo di criminali evasi di prigione che le rapiscono, stuprano, torturano e uccidono. Questi ultimi si ritroveranno poi, per puro caso, nell’abitazione dei genitori di Mari, i quali una volta scoperto il destino della figlia metteranno in atto la loro vendetta.
Il film destò molto scalpore alla sua uscita, al punto da essere proibito nel Regno Unito fino al 2003, anno in cui venne distribuito per la prima volta in dvd, in una versione comunque censurata, a causa della violenza mostrata con una crudezza inusuale per l’epoca (mancano ancora due anni a Non aprite quella porta).

Pur non trattandosi di un remake, la trama sembra trarre ispirazione in maniera evidente da La fontana della vergine di Bergman (1960).
Chiaramente oggi il film risulta datato, come qualunque pellicola a basso budget (ma anche alto) del periodo, ma non è questo a fargli perdere efficaci. Il problema principale è la colonna sonora da comiche di Benny Hill, che stona completamente con la trama e rovina gravemente l’atmosfera (che dovrebbe essere molto più tesa di quanto non sia), oltre ad un montaggio davvero poco efficace e una generale incoerenza nel tono usato nelle differenti storyline.

Il dramma di queste due ragazze in trappola viene continuamente intervallato da scenette quasi comiche in cui Craven vorrebbe sbeffeggiare le forze di polizia, non riuscendo tuttavia a trovare il giusto equilibrio e dare un tono unitario all’insieme. Il tutto immerso in musichette ridicole che sembrano preannunciare che qualcuno stia per scivolare su una buccia di banana.
Rimane sicuramente un documento interessante seppur acerbo che ci mostra come il genere horror abbia trovato nuova linfa negli anni ’70, trasformandosi pellicola dopo pellicola da genere di serie b, relegato ai circuiti cinematografici alternativi a fenomeno di massa, raggiungendo il proprio apice negli anni ’80. Un genere capace di raccontare il lato più oscuro della società in modo crudo e privo di filtri. Evoluzione che, tuttavia, ha portato più volte il genere ad estremizzare sempre più la propria estetica gore, trascurando spesso e volentieri l’aspetto contenutistico. Del resto in ogni genere cinematografico, in ogni epoca, il rapporto qualità/quantità tende ad essere inversamente proporzionale.

In conclusione, L’ultima casa a sinistra è un esordio zoppicante e incerto, ma non da buttare. Abbastanza riuscito in alcune sequenze, ma rovinato da una colonna sonora che non si integra minimamente con ciò che ci viene mostrato, e una messa in scena bipolare tra il dramma e la farsa. Considerando che da lì a poco Wes Craven sarebbe diventato il maestro dell’horror che è diventato con capisaldi come Le colline hanno gli occhi, Nightmare – Dal profondo della notte e Scream, credo che questo esordio imperfetto possiamo perdonarglielo.
Voto: 2.5/5
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