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Il Terzo Uomo (The Third Man)

1949, 104min.

di Carol Reed

con Joseph Cotten, Alida Valli, Orson Welles, Trevor Howard


Recensione di Laura Caviglia


Spoilerometro:



Vincitore della Palma d’Oro al terzo Festival di Cannes come miglior film, sceneggiato da Graham Green, che l'anno a seguire avrebbe pubblicato l’omonimo romanzo, Il terzo uomo è un noir di culto che ha consacrato la carriera di Carol Reed come regista e consegnato Orson Welles alla storia del cinema nelle vesti di uno degli antagonisti più impenitenti che siano mai stati interpretati.


Ci troviamo nella Vienna del secondo dopoguerra, divisa militarmente in quattro zone sotto il controllo di Stati Uniti, Inghilterra, Russia e Francia; la città viene narrata non certo nella serenità dei ritmi del valzer quanto piuttosto in un arranco di fotogrammi espressionisti che ne colgono le case bombardate, le dogane e il mercato nero. Qui troviamo Holly Martins (Joseph Cotten), scrittore americano di romanzi d’avventura, recatosi nella città austriaca su invito dell’amico di gioventù Harry Lime. Holly, tuttavia, viene ben presto a sapere della precoce morte dell’amico, investito di fronte casa qualche giorno prima del suo arrivo. Le contraddizioni nella narrazione dei fatti da parte dei diversi testimoni dell’accaduto fanno sì che Holly inizi a sospettare che il presunto incidente possa invece essere etichettato come omicidio.

Nel tentativo di sbrogliare la vicenda, Holly trascorre del tempo con la bellissima Anna (Alida Valli), amante dell’amico defunto, per la quale comincia a nutrire un profondo – per quanto sofferto – sentimento.

Nel frattempo Holly incappa più volte nelle ricerche della polizia e del maggiore Calloway (Trevor Howard), che lo mette al corrente dei traffici criminosi apparentemente condotti da Lime: l’uomo sarebbe infatti coinvolto nel contrabbando di penicillina contraffatta, che avrebbe comportato morte o malattia negli inconsapevoli acquirenti. La trama del giallo va ulteriormente ad infittirsi una volta scoperto che tra i testimoni della morte di Lime vi sarebbe un terzo uomo dichiarato scomparso dalla polizia.





Nonostante un’atmosfera generalmente amara sembri essere al timone del film, la sceneggiatura, così come il sottofondo manouche di Anton Karas, permette a molti momenti di sfumare nell’ironia e nella leggerezza.

Contributo fondamentale alla bellezza del lungometraggio è sicuramente dato dalla fotografia di Rober Krasker, un romantico bianco e nero dai forti contrasti, accentuati dall’intuizione di Reed di riprendere la città buia con le strade bagnate dalla pioggia, marcando e spargendo i punti di luce. L’uso del grandangolo, poi, concede allo spettatore una visione estesa su fotogrammi che assumono i connotati di veri e propri quadri, mentre l’angolo olandese, tecnica desunta dal cinema espressionista tedesco di inizio Novecento, fa sì che le scene acquisiscano un “disturbo” volto a raffigurare il turbamento interiore dei personaggi.



Lo spettatore, si ritrova invischiato in una trama caratterizzata da più livelli intellettuali ed emotivi: insieme al protagonista si resta coinvolti nel dubbio morale che quello da risolvere sia il caso di omicidio di un criminale, mentre l’amore che Holly nutre per Anna è soffocato dal fantasma dell’amico. Qualunque personaggio con cui Holly ha a che fare, poi, sembra contrapporsi al suo malinconico idealismo, fino all’incontro con l’antagonista.


«In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri. Ma hanno dato vita a fenomeni come Michelangelo, Leonardo Da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno regnato amore fraterno e cinquecento anni di pace e democrazia e cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù»: la citazione più famosa del film condensa in breve il cinismo di un personaggio sarcastico e senza scrupoli, il quale rappresenta l’efferatezza di un Occidente che ha prodotto la “Storia”, di fatto, però, facendola sfociare nell’orrore della Seconda guerra mondiale.


Il terzo uomo è stato prototipo per tutti i film di spionaggio che nei decenni successivi si sono cimentati nel tentativo di sbrogliare gli intrecci del giallo sul grande schermo. Tuttavia la natura di quest’opera non può essere ridotta a quella di mero thriller: la psicologia dei personaggi, la sceneggiatura e la bellezza della fotografia ne fanno di certo un capolavoro al di là del suo genere.


 

Voto: 5/5

 

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