1978; 91 minuti
di John Carpenter;
con Jamie Lee Curtis, Donald Pleasence, Nick Castle, Tony Moran
Recensione di Francesco Mosca
Spoilerometro:

Esiste una piccola categoria di opere che riesce a superare il formato in cui sono concepite e ad entrare prepotentemente nell’immaginario collettivo. Tra queste merita di essere menzionata Halloween, terzo lungometraggio del maestro John Carpenter che dopo oltre quaranta anni non smette di impaurire e suscitare nello spettatore un autentico senso di disagio.
Il film racconta la notte, da incubo, di halloween del 1978 vissuta da un gruppo di adolescenti braccati dal killer psicopatico Michael Myers, evaso dal manicomio in cui era rinchiuso da quindici anni per aver assassinato la sorella quando era solo un bambino.

Per capire cosa rende leggendario questo film basta dare un’occhiata ai numeri: girato come film indipendente, in poco meno di tre settimane e con solo 300.000 dollari di budget, ha incassato oltre 70 milioni di dollari in tutto il mondo e generato dieci sequel, un romanzo e un videogioco. Memorabile anche il tema principale della colonna sonora, composto dallo stesso Carpenter, che ha contribuito al successo incredibile del film. Come protagonista venne scelta
una sconosciuta Jamie Lee Curtis, scelta in quanto figlia di Janet Leigh (la celeberrima Marion
Crane di Psyco) così da pubblicizzare maggiormente la pellicola.
Il successo del film ha generato un vero e proprio sotto-genere, lo “slasher movie”, definendone i topoi principali già abbozzati a grandi linee da Tobe Hooper nel suo Non aprite quella porta (1974), e originando una serie incredibile di film e personaggi ascesi a vero e proprio Olimpo dei film horror degli anni ’80 e ’90 (Jason Voorhees, Freddie Kruger, Chucky e
il “ghostface” di Scream sono tutti “figli” di Michael Myers).
Tra i riferimenti di Carpenter, ci sono anche L’uccello dalle piume di cristallo (1970) e Profondo
rosso (1975) di Dario Argento, così come il cinema di Mario Bava; tutta la prima sequenza è, in
effetti, un omaggio al cinema horror italiano degli anni ’60 e ’70, nonché una delle scene più belle di tutto il film, soprattutto quando viene rivelato che l’assassino è un bambino dallo sguardo vacuo e allucinato.

La differenza principale con i film citati sta principalmente nella creazione e nella gestione della tensione: l’uso del jumpscare tanto abusato negli horror moderni è inesistente, inoltre il regista si discosta dalle sue fonti di ispirazione per la quasi totale assenza di sangue; a differenza delle pellicole di Argento, e italiane in generale, dove l’elemento splatter è fondamentale per suscitare l’orrore nello spettatore. Al contrario Michael Myers rappresenta una sorta di terrore primordiale, spesso appostato ai margini dell’inquadratura con solo la maschera bianca e priva di lineamenti che si intravede nell’ombra, dentro un armadio o appostato nell’ombra; è un predatore pronto a scattare per ghermire la preda.

Alcune curiosità: l’unica canzone presente nel film è Don’t fear the reaper dei Blue Öyster cult;
il film che il piccolo Tommy Doyle guarda alla TV è La cosa di un altro mondo di Christian Nyby e Howard Hawks. Questo film e il racconto omonimo di John W. Campbell sono fonte di
ispirazione per lo stesso Carpenter per girare La cosa (1982) considerato dal pubblico il vero e proprio capolavoro del regista e uno dei film di genere più importanti di sempre.
Insomma, se una notte siete soli, vi sentite impressionabili e in vena di brividi abbassate le luci, alzate il volume e guardate Halloween; prima di dormire avrete l’impulso di aprire l’armadio, controllare sotto il letto e scruterete attentamente ogni angolo buio della vostra casa.
VOTO: 4/5
Comentários