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Old Boy

  • traumfabrikblog
  • 17 set 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

2003, 116 min.

di Park Chan-wook

con Choi Min-sik, Yoo Ji-tae, Kang Hye-jeong



Recensione di Simone Giuffrida


Spoilerometro:




Seul 1988, Dae-Su è in ritardo per la festa di compleanno della figlia perché il suo livello alcolico lo ha condotto in una centrale di polizia. Le scene dentro la centrale mostrano Dae-Su

fortemente alterato, con una ripresa scenica che ricorda molto i filmini amatoriali delle feste. Un amico viene a recuperarlo, fuori piove, i frame si susseguono come a voler imitare i lampi. Da una cabina telefonica il protagonista e, soprattutto, l'amico Joo-hwan tranquillizzano la famiglia, Dae-su sta tornando. Il discorso di Joo-hwan è seguito dalla cinepresa che fa un giro di 180 gradi attorno alla cabina; ma Dae-Su è sparito, lasciando a terra delle ali piumate, il regalo per la figlia.

Queste le prime battute di Old boy, dopo che i titoli di testa avevano mostrato un uomo che ne teneva per la cravatta un altro, sul ciglio di un attico. Secondo capitolo della "trilogia della

vendetta" di Chan-wook, tra Mr. Vendetta (2002) e Lady Vendetta (2005), un thriller-noir per cui il regista coreano prende in prestito il soggetto dall'omonimo manga scritto da Garon Tsuchiya e disegnato da Nobuaki Minegishi, tra il 1996 e il 1998.



Dae-su si risveglia in una stanza. Lì starà per quindici anni; la televisione sarà unica compagna, unico orologio, unica amante. Una sirena, ogni giorno, preclude all'emissione dello stesso gas soporifero che i soldati russi usavano contro i terroristi ceceni. Al risveglio trova sempre il letto rifatto, del cibo e la stanza in ordine. L'unica presa d'aria si trova nella porta d'ingresso a livello delle punte delle scarpe. Così, per molti anni durante i quali Dae-su cerca una motivazione sul perché sia finito in quella situazione; un nome, un'azione. Invano. Dalla televisione viene a sapere della morte della moglie e di essere l’unico sospettato per l’omicidio.Nella stanza si allena, scagliando pugni contro la parete, pregustando la tanto agognata vendetta. Scava con un bastoncino una parte del muro, pochi centimetri per volta, finendo per assaporare lo spazio esterno, senza sapere cosa avrebbe comportato un'eventuale fuga. Dove si trova? In città, in un palazzo? Proprio mentre sta accarezzando l'idea della libertà e toccando con mano la realtà del mondo esterno - o quantomeno della pioggia - ecco che in un'onirica ripresa tra sogno e allucinazione, una psichiatra entra nella sua stanza portandolo quasi allo stato di ipnosi. D'un tratto Dae-su esce da una vecchia valigia e si ritrova sul tetto di un grattacielo. Qui il rimando ai titoli di testa. Comincia la fame di vendetta di Dae-su. Si alternano violenti torture a combattimenti spesso seguiti orizzontalmente dalla cinepresa, a simulare i picchiaduro a scorrimento dei videogiochi.



Torture, vendetta e passione si intrecciano nel momento in cui Dae-su incontra Mido, una

giovane cameriera che lo aiuta a scoprire chi è e perché mai qualcuno avrebbe dovuto fargli

tutto questo. Nasce un legame solido, per certi versi inspiegabile, che li porterà a non poter fare a meno l'uno dell'altra, nella ricerca di un "colpevole", tra ristoranti cinesi e telefonate anonime.

Mai come in Old boy il tema della rivalsa diventa così ondivago; una logica della vendetta vana che trova il suo compimento nel drammatico doppio colpo di scena finale, dove Dae-su capisce che la sua regolazione di conti non è altro che la conseguenza di un'altra. Vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes nel 2004, Quentin Tarantino ne rimase folgorato, dicendo: «Il film che avrei voluto fare».



Voto: 4,5/5


 
 
 

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