1986, 101min.
di Pupi Avati
con Diego Abatantuono, Carlo Delle Piane, Alessandro Haber
Recensione di Simone Giuffrida
Spoilerometro:

Nella sera in cui ogni famiglia si cimenta col tradizionale cenone, tre amici di lunga data – Stefano, Ugo e Lele – si danno appuntamento in un’elegante villa per giocare una partita a poker; al tavolo con loro anche il misterioso avvocato Antonio Sant’Elia, celebre nel giro per aver già perso ingenti somme. I tre amici, però, non dispongono di fondi sufficienti a sfidarlo e decidono di chiamare l'amico Franco, gestore di una catena di cinema a Milano.
Franco (D. Abatantuono), inizialmente restìo a causa di vecchie frizioni con Ugo (G. Cavina), accetta sia per l’insistenza di Lele (A. Haber) sia nella speranza di risolvere i suoi problemi economici, ma si ritrova presto a fare i conti con il passato. Attraverso flashback collocati da Avati prima e durante la fatidica partita a poker, si viene infatti a conoscenza di come la prima moglie, Martina, lo abbia tradito proprio con Ugo. Mentre gli amici fanno di tutto per tentare di porre fine alle ostilità tra i due, Franco accetta a patto che ognuno di loro faccia il proprio gioco, ossia senza una spartizione finale; così facendo sarà sicuro della buona fede.

Il rapporto tra i cinque uomini seduti al tavolo, e più in generale l’intero svolgimento della pellicola, gioca molto sul binomio donna-denaro. Questi elementi sono identificati dal regista come terreno di scontro pratico e morale, quasi a ipotizzare che la perdita dell’una possa essere bilanciata dall’acquisizione dell’altro o viceversa. I flashback giocano un ruolo centrale nell’allentare la tensione crescente ma hanno altresì una funzione nel chiarire la condizione emotiva degli amici fornire elementi graduali di conoscenza allo spettatore per portarlo allo stesso livello di consapevolezza dei protagonisti.

Mezz'ora prima della fine della partita Franco sta comodamente vincendo, ma un rilancio inaspettato da duecento milioni proposto dall’avvocato (C. Delle Piane) lo lascia attonito e lo costringe a prendere tempo; sceglie infine di andare a vedere, ma ne esce sconfitto. Dopo qualche minuto la scena si ripete, questa volta però il rilancio è di duecentocinquanta milioni. Franco sembra essersi pentito di aver proposto quest'ultima mano di riscatto, ma qui l'avvocato propone il suo regalo di natale: la totale estinzione dei debiti accumulati fino a quel momento a patto di non palesare mai le sue carte; se ne sarebbero andati come se la partita non fosse mai stata giocata.

Vincitore nel 1987 del David di Donatello per la miglior canzone originale scritta dal compositore pesarese Riz Ortolani e di un Nastro d’Argento per il miglior attore non protagonista, il film vive soprattutto delle performances messe in campo dai cinque personaggi. Su tutti svetta Abatantuono, al primo ruolo drammatico, autore di un’interpretazione veramente eccezionale, pari solo a quella del “rivale” Delle Piane.
Avati aveva inizialmente scelto Lino Banfi per il ruolo di Franco, ma quest’ultimo rifiutò per girare Pompieri. Uno dei tanti esempi di come il regista bolognese sia solito ingaggiare attori comici – o addirittura artisti estranei al mondo del cinema – per l’interpretazione di ruoli drammatici (esemplari i casi di Neri Marcorè, Massimo Boldi, Cesare Cremonini, Renato Pozzetto o Christian De Sica). Nel 2004 ci sarà un sequel, con gli stessi protagonisti, La rivincita di Natale.
Voto: 4/5
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