1995, 96min.
di Neri Parenti
con Massimo Boldi, Christian De Sica, Cristiana Capotondi
Recensione di Mauro Azzolini
Spoilerometro

Se paragonata a quella di oggi l’Italia del 1995 era un paese bellissimo. C’era la lira, Lamberto Dini era diventato presidente del consiglio dopo il tracollo fulmineo del primo governo Berlusconi, Giorgia vinceva il Festival di Sanremo e non esisteva ancora l’obbligo di cinture di sicurezza alla guida. Un’epoca gloriosa in cui il massimo della tecnologia era rappresentato dai Motorola con lo sportellino e in tutte le case risuonava la voce di una donna vestita di giallo che diceva «Ambrogio, avrei un certo languorino».
Tra le tante certezze che caratterizzavano questo mondo ce n’era una incrollabile: il cinepanettone. Una commedia prodotta da Aurelio De Laurentis, lanciata in sala immancabilmente nella prima metà di dicembre, ogni anno, senza interruzioni, dal 1990 al 2005 con protagonisti Massimo Boldi e Christian De Sica. Un prodotto pensato da italiani per un pubblico italiano, capace sì di aprire i propri orizzonti nel tempo e nello spazio, ma eternamente uguale a se stesso.
Vacanze di Natale ’95 rappresenta il modello del perfetto cinepanettone. Sullo schermo si sovrappongono le vicende di Lorenzo Colombo (M. Boldi), lombardo divorziato che parte per Aspen, negli Stati Uniti, con la figlia (C. Capotondi), e Remo Proietti (C. De Sica), romano con il vizio del gioco che prende il volo per la stessa meta nel tentativo di riconquistare la moglie. In
una serie di equivoci spesso ai limiti della farsa i due si incontrano a più riprese mentre le loro
storie scorrono in parallelo: Colombo deve gestire la passione smodata della figlia per il Dylan
di Beverly Hills, Proietti colmare un debito di 700.000 dollari contratto al tavolo da gioco.

In un susseguirsi di gag spesso vicine al sottile confine tra la risata e la compassione, i percorsi dei protagonisti vanno avanti con l’obiettivo implicito di confermare un assunto: gli italiani sono persone arroganti, caciarone, insofferenti alle regole e apertamente disoneste, ma sono, in fondo, persone buone; gente capace di far sorridere in un momento di difficoltà e di non limitare le proprie azioni al perimetro di quanto razionalmente accettabile. Gli italiani
possono, infatti, superare le avversità grazie al “cuore”.
Per sviluppare questo meccanismo, profondamente autoassolutorio e certamente anti- progressista, non è possibile mostrare debolezze. Ogni scena contiene una battuta sessista, omofoba o razzista e quando questo non accade ad essere portato avanti è comunque uno stereotipo conservatore per cui tutto può essere perdonato all’uomo che viene dal paese del sole, del buon cibo e dell’arte di arrangiarsi.

Dal punto di vista tecnico il film vive di un’alternanza tra momenti brutti e momenti pessimi. Su tutte spicca la sequenza, giocata su un susseguirsi di fotogrammi talmente rapido da giungere alla completa sovrapposizione, in cui la giovane Marta balla in discoteca incrociando lo sguardo di Dylan; ma certamente non possono essere lasciate in secondo piano le scene sulla neve (resterà scolpita nella storia del cinema italiano quella in cui Massimo Boldi si lancia in una discesa spericolata seduto su un water).
L’enorme budget messo a disposizione in sede di produzione sembra, dunque, non aiutare in nessun modo Neri Parenti, qui alla sua prima direzione di un cinepanettone. Esso sembra indirizzato unicamente a sostenere da un punto di vista economico la proiezione esotica di siparietti che, fino a quel momento, trovavano ospitalità tra le piste di Cortina d’Ampezzo o la presenza di divi del momento, su tutti un Luke Perry all’apice della popolarità.

Visto a distanza di anni, Vacanze di Natale ’95 lascia riflettere su quanto sia cambiato il cinema italiano. Questa resta, però, soltanto una constatazione; un’affermazione priva di elementi di giudizio. Perché se è vero che oggi, nel nostro paese, non c’è più un cinema che per far ridere ha necessariamente bisogno di chiamare in causa la superiorità del maschio bianco etero, è anche vero che probabilmente, nel nostro paese, non c’è nemmeno più un cinema capace di far ridere e di far passare un paio d’ore spensierate al pubblico pagante.
Voto: 2.5/5
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