2024, 119 min
di Maura Delpero
con Tommaso Ragno, Martina Scrinzi, Carlotta Gamba
Recensione di Arianna Alessia Armao
Spoilerometro:

Raccontare oggi la nostra storia è un’operazione delicata. Soprattutto è complicato rievocare certi orrori di metà Novecento senza perderne la visione di insieme, gli aspetti essenziali. Ci riferiamo, ad esempio, agli effetti disumanizzanti che la guerra - e con essa la fame, che sempre l’accompagna - hanno sui nostri corpi e sull’animo umano.

Vermiglio di Maura Delpero, Leone d’argento a Venezia ed escluso dalla corsa agli Oscar dopo essere stato lungamente in lizza, incarna nelle vite di tre sorelle e della loro famiglia trentina questi grandi temi e molti altri. Come la sessualità, finemente ricamata nell’ironica cornice peccaminosa cui la relega la fede cattolica. O la maternità, con l’incredibile fatica del lavoro di cura che affliggeva le nostre antenate in perenne filiazione. E ancora, la paternità nella sua forma più concreta: la saggezza e la durezza del maestro, del padre gentile e autorevole di altri tempi, colui che, a tratti, diventa padrone.

I personaggi, così come i temi, le sonate, le ambientazioni e i paesaggi, in Vermiglio sono studiati attentamente. Vanno talmente in profondità da far credere che si mescolino ai ricordi. Il parallelismo con l’Olmi de L’albero degli zoccoli è irresistibile, eppure siamo di fronte a qualcosa di meno corale, forse addirittura più intrigante. La vita di montagna, gli affanni, i silenzi, le morti, le aspirazioni delle tre sorelle e della loro famiglia prendono strade tutte diverse, ricalcando in qualche modo i toni del romanzo di formazione.

Eppure, quel che resta a chi guarda non sarà un profondo coinvolgimento emotivo, quanto piuttosto la sensazione di aver osservato a lungo un gigantesco affresco, che sì, è radicato nella storia, ma con lo sguardo ben fisso sul nostro triste presente di guerra e devastazione. Il lavoro di Delpero, impreziosito da interpreti eccezionali di tutte le età, si muove con cautela su un precario equilibrio tra i generi, testimoniando comunque la cognizione di chi certi luoghi li ha vissuti e forse, come fu per Olmi, sentiti raccontare. C’è un dono, un lascito preciso in film come questi: la memoria, quella autentica, da conservare.
Voto: 4/5
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