La trama fenicia (The Phoenician Scheme)
- traumfabrikblog
- 5 giu
- Tempo di lettura: 3 min
2025, 105min.
di Wes Anderson
con Benicio Del Toro, Mia Threapleton, Michael Cera
di Mauro Azzolini
Spoilerometro:

Una tra le domande che sembrano coinvolgere maggiormente il pubblico di questo sonnacchioso (dal punto di vista cinematografico) giugno è la seguente: è possibile che Wes Anderson ci abbia stancato? Cioè, può darsi che questo modo di fare cinema fondato sulla riproposizione costante di elementi specifici possa avere annoiato il pubblico?
Il quesito appare del tutto legittimo dopo aver visto La trama fenicia, ultimo lavoro del regista statunitense, presentato in concorso al Festival di Cannes. Il film racconta le vicende di un magnate dell’economia degli anni cinquanta e delle sue rocambolesche imprese per riuscire a non fallire; l’intreccio, però, come spesso accade nei lavori di Anderson, rischia di passare in secondo piano perché a farla da padrone è il modo in cui gli avvenimenti vengono raccontati.
La storia del recupero da parte di Zsa-Zsa Korda (B. Del Toro) di un ipotetico deficit economico, del quale poco si sa e altrettanto poco si riesce a scoprire durante il racconto, è infatti inserita all’interno della consueta estetica andersoniana: eccesso di colori declinati sulle tonalità pastello, grande simmetria nella costruzione delle inquadrature, sospensione del patto narrativo relativo alle scenografie tale per cui lo sfondo sul quale le azioni si dipanano non ha alcuna presunzione di apparire reale, ma anzi dichiara apertamente la sua finzione.

Così come accadeva già dai tempi de I Tenenbaum (2001), con un gusto che si andava livellando per raggiungere la concreta maturità con Moonrise kingdom (2012) e Grand Budapest Hotel (2014), il film di Anderson sembra volersi rivolgere primariamente all’occhio dello spettatore, tralasciando l’eventualità di riflessioni posteriori o le velleità di un cinema (un esempio chiaro in questo senso potrebbe essere quello di Cristopher Nolan) che punta tutto sul ragionamento e sulla ricostruzione mentale di quanto osservato.
Se però questo investimento sull’immagine e sulla sua struttura trovano come declinazione uno schema sempre uguale a se stesso, l’impressione generale lasciata dalla pellicola riguarderà non solo una complessiva svalutazione della scrittura – secondaria, verrebbe da dire, in un contesto per cui conta solo l’apparenza – ma anche e soprattutto la stanchezza lasciata nello spettatore, costretto a vedere per l’ennesima volta la stessa cosa.

Si può obiettare che tanti registi tra i più celebri della storia del cinema abbiano avuto un’estetica particolarmente marcata e di volta in volta riproposta nei loro lavori; è il caso di Tim Burton, tanto per citarne uno, o David Lynch e Stanley Kubrick volendo spingersi più indietro nel tempo. Ma allora perché questa sensazione di “già visto” crea problemi alla critica contemporanea solo quando a portarla sullo schermo è Wes Anderson?
Probabilmente non esiste risposta a questa domanda, ma certamente sarebbe stato opportuno porsela prima. Per esempio due anni fa, quando Asteroid city veniva acclamato a dispetto della sua assoluta inconsistenza. Perché se c’è un merito di cui La trama fenicia dimostra di essere in possesso è quello di aver provato a portare – per la prima volta nel cinema di Anderson – il discorso estetico su un piano di significazione.

Il sistema di scatole e contenitori, di composizioni maniacalmente disposte e gerarchie non sovvertibili, la stessa soffocante articolazione del racconto in base ad un indice, sono utilizzati questa volta per raccontare una storia di difficile comprensione visto che il vero protagonista del film è il Capitale, quello con la C maiuscola.
L’ordine razionale del racconto e quello estetico della sua messa in scena sono qui applicati ad un soggetto che naturalmente si presenta come irrazionale. Ed è da questo paradosso che scaturisce non solo il senso comico che pervade l’intera vicenda, ma più di ogni altra cosa il senso dell’operazione. Perché sforzarsi di voler raccontare secondo le categorie della logica qualcosa che di logico mostra di non avere nulla è, probabilmente, l’unico scopo di questo film.
La trama fenicia è, dunque, al contempo il punto di arrivo estetico e politico di Wes Anderson. Resta da capire quanto il regista statunitense sia consapevole di ciò.
Voto: 3,5/5
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