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Wittgenstein

1993, 72min.

di Derek Jarman

con Clancy Chassay, Karl Johnson, Tilda Swinton

Recensione di Arianna Alessia Armao


Spoilerometro:



Come si recensisce un gigante del cinema? Chi scrive ha scoperto Jarman nel pieno dei vent’anni, e a trenta non può ancora vantare l’onore di aver esplorato la sua completa produzione artistica e filmica. Vedere infinite volte Jubilee, esperimento giovanile, Caravaggio, creazione matura, e Wittgenstein, penultima opera all’anticamera di una morte funesta, può essere soltanto un colpevole assaggio quando si parla di una delle personalità più affascinanti del mondo queer di fine Novecento[1].



Chissà come si sentiva Jarman all’epoca in cui scriveva di un ulteriore gigante: il protagonista della svolta linguistica, il rivoluzionario della filosofia analitica, Ludwig Wittgenstein. Non possiamo saperlo, né ci si può immedesimare in un simile processo creativo quando si è soltanto piccole persone,non filosofe, amanti di un certo cinema. Meglio così, forse, meglio trovarsi al posto di chi guarda e si gusta quello che non soltanto è un capolavoro di esagerazioni stilistiche – confezionate in cornici minimali – ma anche una fedele riproduzione di ogni singola tensione nervosa nel volto di Ludwig, di certi carteggi appassionati, delle folli imprese solitarie, oltre che del sorriso beffardo di Bertrand Russel[2].



Moltissimi gli elementi che portano la cifra provocatoria del regista: i costumi irriverenti (realizzati da Sandy Powell), i monologhi immaginifici, e soprattutto i riferimenti a un Wittgenstein omosessuale, a suo modo appassionato, del quale in accademia si tende a parlare molto poco. Ci ritroviamo quindi a immergerci senza difficoltà in alcune delle sue intuizioni più audaci, e ricostruiamo la sua persona, la sua vita esaltante e spaventosa, le sue alienazioni, il tutto in un perfetto equilibrio ritmico e cromatico.



Non ci proviamo neanche, a costringere Jarman (e Wittgenstein) in queste povere parole. Ci permettiamo soltanto di celebrare due figure mitiche, o forse profondamente umane[3], senza dimenticare chi le ha affiancate, interpretate, truccate e in sostanza portate ai nostri occhi. Chi lo sa se Jarman si sarebbe mai immaginato di finire in questa tardiva e umilissima recensione, e chissà cosa avrebbe pensato Wittgenstein nel vedersi trasformato in un’icona anni Novanta!



[1] Un omaggio oltremodo gradevole lo trovate qui: https://youtu.be/OSaQkAnl9Ys. [2] Foto esemplificativa di Russel qui https://images.app.goo.gl/RiEBZiB2Yvec8nRj6.

[3] Curiosità: entrambi ebbero una certa passione per la cura delle piante.


Voto: 5/5

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