2021, 121min.
di Jonas Carpignano
con Swamy Rotolo, Claudio Rotolo, Grecia Rotolo, Giuseppina Palumbo
Recensione di Valentina Corona
Spoilerometro:

A Gioia Tauro si festeggia il diciottesimo compleanno di Giulia, la maggiore di tre figlie. La macchina da presa condotta a mano ritrae l’evento a cui sono accorsi amici e parenti con un tale realismo da lasciare allo spettatore il dubbio di trovarsi davanti a un documentario.
Bastano infatti pochi minuti per accorgersi che il legame che intercorre tra i protagonisti di A Chiara non si basa su un meccanismo di finzione: gli attori non sono professionisti e la loro somiglianza fisica rivela che, ancora una volta nel cinema di Carpignano, siamo in presenza di una famiglia stretta da veri legami di sangue.

Nella lunga sequenza della festa due personaggi fanno presto capolino tra gli altri per la loro caratterizzazione psicologica: si tratta di Chiara, sorella minore di Giulia, ribelle dotata di un’intelligenza spigliata e vivace, e Claudio, il padre di famiglia, timido e taciturno, incapace suo malgrado di stare al centro dell’attenzione. Nella notte un tragico evento allontana rapidamente la gioia delle celebrazioni: all’automobile di Claudio viene dato fuoco e lui scompare nel nulla senza lasciare tracce.
Comincia qui il cammino di Chiara verso la verità – ricercata con forza come in un thriller – un percorso che porta l’adolescente a scoprire che quel padre amorevole e restio è anche un latitante accusato di collaborare con la ‘Ndrangheta. La macchina da presa perde il fuoco e lo riprende mentre la quindicenne si sforza di capire e di mettere insieme i pezzi di uno scenario
di cui tutti, tranne lei, sembrano conoscere le fattezze.


Non ci sono giudizi né facili proposte di soluzione nello sguardo con cui Carpignano torna a osservare la Calabria e il suo rapporto con l‘Ndrangheta dopo A Ciambra (2017) – di cui ritroviamo alcuni dei protagonisti. Il regista e sceneggiatore non divide il mondo tra “buoni” e “cattivi”, e si tiene ben lontano dal rappresentare Chiara come un’adolescente eroica in grado di allontanarsi dagli orrori del mondo a cui appartiene senza esitazione alcuna: Chiara è figlia di suo padre e dell’ambiente in cui è cresciuta, di un contesto in cui la mafia attecchisce perché, stando alle parole dello stesso Claudio, appare a molti come unica forma di «sopravvivenza» possibile.
In un quadro simile nemmeno la legge è in grado di configurarsi come realmente risolutiva, incapace di incidere profondamente sul contesto in cui opera con medicine alternative allo sradicamento; è in questa logica che gli assistenti sociali decidono di allontanare Chiara dall’humus che l’ha cresciuta, nella speranza che la ragazzina dimentichi presto e in modo definitivo chi è e da dove viene e, proprio per questo, riesca a salvarsi dalla malavita. Ma la giovane non riuscirà a tagliare i ponti col suo passato prima di avere ottenuto tutte le risposte che cerca.
Ultimo lungometraggio di una trilogia interamente dedicata alla Calabria, A Chiara rivela certo l’esistenza di una pars construens del discorso, ma nega in modo definitivo la possibilità di uno sguardo in avanti che sia dimentico del proprio passato. Capace di coniugare in modo sapiente tecnica, testa e cuore, Carpignano vince con A Chiara l’Europa Cinema Label alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2021 e si conferma uno dei più promettenti registi italiani contemporanei.
Voto: 4/5
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