Apollo 10 e ½ - (Apollo 10 ½: A Space Age Childhood)
- traumfabrikblog
- 11 mag 2022
- Tempo di lettura: 2 min
2022, 98 min.
di Richard Linklater
con Milo Coy, Jack Black, Zachary Levi, Bill Wise
Recensione di Francesco Mosca
Spoilerometro:

Nel mondo del cinema accade spesso che un regista giri un film come pretesto per raccontare un’epoca del passato ed episodi più o meno importanti della propria vita. Durante l’ultima stagione cinematografica, questo espediente è stato utilizzato, in modi differenti e con diverse fortune da registi del calibro di Paolo Sorrentino in È stata la mano di Dio, Kenneth Branagh in Belfast e Paul Thomas Anderson in Licorice Pizza; a questi si aggiunge Richard Linklater, noto al grande pubblico per film come School of Rock e Boyhood.
Come i colleghi sopracitati, il regista texano ha utilizzato il suo ultimo lungometraggio come mezzo narrativo per raccontare di sé stesso e del Texas degli anni ’60, luogo ed epoca in cui è nato e cresciuto. Il suo ultimo film, Apollo 10 e ½, infatti non è che il mezzo attraverso il quale il regista racconta la sua infanzia nelle Houston in piena corsa allo spazio.

La trama è incentrata sulla vita di Stan che viene arruolato segretamente dalla NASA per essere inviato sulla luna pochi giorni prima della celeberrima missione Apollo 11, da qui il titolo del film.
A differenza degli altri film citati, la trama principale diventa puro espediente e si sviluppa effettivamente in pochi minuti di flashback attraverso gli occhi di Stan, che appare perso nei ricordi mentre assiste all’allunaggio in TV.
La maggior parte della durata del lungometraggio è utilizzata per raccontare minuziosamente lo stile di vita del Texas degli anni ’60 attraverso la voce di Stan adulto (Jack Black nella versione originale). Questa, infatti, accompagna lo spettatore nella narrazione della sua numerosa famiglia, dei nonni e di tutti quei dettagli caratteristici del periodo, pervaso da una febbre per lo spazio, come il cibo, la musica, gli scherzi telefonici, la scuola, i giochi con gli amici, lo sport, le lotte per il dominio di una TV a tre canali e senza telecomando, le gite in famiglia al mare o al parco divertimenti fuori Houston.

Il film è realizzato mediante la tecnica del rotoscopio che il regista ha già utilizzato nel filosofico Waking life del 2001 e nello straniante A scanner darkly del 2006. Questo espediente, usato principalmente per produrre film di animazione, consiste nel realizzare le riprese dal vivo ed animarle nella fase di post-produzione; lo scopo è quello di conferire maggior realismo alle figure animate, rispetto alle tecniche di animazione tradizionali.
Questa tecnica si sposa perfettamente con l’atmosfera sognante e piena di ricordi messa in scena dal regista. Anche la colonna sonora, che vede brani dell’epoca di: Donovan, Canned Heat, Johnny Cash, The Monkees e Pink Floyd, appare necessaria nel guidare lo spettatore in questo viaggio.

Sebbene il film possa sembrare non all’altezza di quelli citati, in realtà riesce perfettamente nell’operazione nostalgica di trasportare lo spettatore nell’epoca e nei luoghi narrati. La scelta di raccontare il sogno della corsa allo spazio attraverso l’età d’oro dell’infanzia è vincente: la testimonianza diretta e il racconto di un’infanzia sostanzialmente felice, pur togliendo impegno al film, gli conferiscono la capacità di intrattenere in modo puro e forse un po’ fine a sé steso, ma con esito assolutamente positivo.
Voto: 3.5/5
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