1998, 110 min.
Di Vincent Gallo
Con Vincent Gallo, Christina Ricci, Anjelica Huston
Recensione di Cristiano Lo Presti
Spoilerometro:

Non so né voglio dare un giudizio oggettivo su questo film, di cui ho amato praticamente tutto: la storia, le musiche, la fotografia e i movimenti di macchina (soprattutto).
Blilly Brown (Vincent Gallo) esce di prigione dopo aver scontato una pena di cinque anni al posto di qualcun altro. Ossessionato da un ex giocatore di football su cui proietta i propri fallimenti, e deciso a trovare la sua vendetta, ritornando sulla via di casa rapisce una ragazza perché si finga sua moglie con i propri genitori.
È tutto piuttosto surreale in questo film, come sottolineato dai primi minuti in cui seguiamo il protagonista alla ricerca di un bagno dove urinare, senza fortuna, come a voler simboleggiare una vita in cui sembra impossibile soddisfare i propri bisogni, anche quelli più banali e naturali come fare pipì.
È con questo stratagemma abbastanza assurdo che comincia il ritorno a casa di Billy e questo l’evento che fa incontrare i due protagonisti.

La vita di Billy è vuota. Un vuoto che colma di bugie, come quella che mette in piedi con i suoi genitori per nascondere il proprio arresto, mosse azzardate, come quella che lo porterà in galera, e un unico amico vero, che lui tratta straordinariamente male. Un vuoto incolmabile perché Billy sembra incapace di porsi le domande giuste e quindi di trovare le giuste risposte. Figlio di due genitori assenti, disfunzionali, che quasi non lo guardano in faccia, sembra non essere mai stato amato veramente da nessuno e forse per questo crede di non averne bisogno, o di poterne ricevere. Vincent Gallo sembra cucirsi addosso non solo il personaggio e la scrittura, ma anche gli stessi movimenti di macchina, che seguono ogni sua azione. Così, con tutta l’autoindulgenza di un autore autoreferenziale, assistiamo alla nascita di una surreale storia d’amore tra un rapitore rude, scontroso e burbero e un ostaggio che, come in preda alla sindrome di Stoccolma, accetta tutto da lui.

Una trama del genere, penso, poteva scriverla soltanto un uomo, e io – da uomo – smetto di pormi il problema e m’innamoro di questi personaggi che sembrano non avere nulla al mondo a parte l’altro. Dico sembrano, perché in effetti di lei non sappiamo quasi nulla se non che balla il tip tap, trattandosi di una quasi classica “Manic Pixie Dream Girl”, una figura femminile al servizio dello sviluppo del protagonista maschile. Dubito anche che il film supererebbe il test di Bechdel, che consiste nel verificare se in un’opera ci siano almeno due donne che parlano tra di loro di un qualsiasi argomento che non riguardi un uomo.
Il tutto accompagnato dalle affascinanti musiche sconsolate composte e suonate dallo stesso Vincent Gallo, oltre a classici degli anni ’70, principalmente dell’area Progressive/Barocca.
Per me è stato inevitabilmente amore a prima vista.
Voto: 4/5
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