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Drive my car (Doraibu mai kâ)

2021, 179 min

di Ryūsuke Hamaguchi

con Hidetoshi Nishijima, Tôko Miura, Masaki Okada


Recensione di Simone Giuffrida


Spoilerometro:



Nella vita Kafuku aveva visto molte donne alla guida di un'auto, e grosso modo le divedeva in due categorie: quelle un po' troppo aggressive e quelle un po' troppo prudenti. Così comincia il primo racconto di Uomini senza donne, raccolta di Murakami Haruki aperta proprio da Drive my car.

Hamaguchi spacchetta la trama e la ricompone, presentando la vita di Yusuke, attore e regista teatrale, sposato con Oto, una sceneggiatrice. Oto concepisce le sue storie durante il sesso e le racconta al marito; se non fosse per il titolo del film, gli spostamenti - dove peraltro Yusuke guida sempre la propria macchina - scorrerebbero come in qualsiasi altro lungometraggio. Hamaguchi porta avanti la trama concentrandosi sulla vita privata della coppia; dopo aver visto il marito alla rappresentazione teatrale di Aspettando Godot di Beckett, Oto gli presenta il giovane attore Kōji Takatsuki, un collega. Giorni dopo Yūsuke torna a casa presto, trova sua moglie che fa sesso con un giovane, presumibilmente Koji. Se ne va senza dire nulla e la coppia non affronta mai l'argomento finché Oto dice al marito di voler parlare a fine giornata ma muore di emorragia cerebrale prima del suo arrivo. Poco dopo il funerale, Yūsuke ha un esaurimento durante una rappresentazione dello Zio Vanja di Čechov e non è in grado di continuare lo spettacolo.



Dopo due anni Yūsuke Kafufu accetta una lavoro a Hiroshima, dove dirigerà un adattamento proprio dello Zio Vanja. Yūsuke sceglie Kōji per la parte del protagonista, sebbene sia giovane, anche dopo le sue frequenti escandescenze. La compagnia teatrale proibisce quasi categoricamente a Yūsuke di guidare e gli propone che venga accompagnato nella sua auto, una Saab 900 turbo rossa del 1987 (anche se nella storia originale di Murakami la vettura è una cabrio gialla). All'inizio oppone resistenza, ma cede dopo che la giovane e riservata autista, Misaki Watari, si rivela una più che abile guidatrice.

La trama si svolge senza intoppi puntando l'attenzione non sulle mete o sui progetti teatrali ma sul viaggio dei due dentro l'auto: l'attore che scende dal suo palco personale per raccontarsi alla propria autista, essa stessa con un carico di disagi che vorrebbero essere raccontati. Durante i loro brevi ma sempre più intensi tragitti, Yūsuke e Watari iniziano a legare e a raccontare le proprie sventure: Yūsuke le racconta di Oto e della perdita della loro figlia, che avrebbe avuto l'età di Watari, di contro Watari gli racconta della sua madre violenta, morta in una frana cinque anni prima.



Kōji, dopo aver avuto un battibecco con un fotografo all'uscita di un bar, confida a Yūsuke di amare Oto e condivide una delle storie della donna che Yūsuke non aveva mai sentito nella sua interezza. Yūsuke gli rivela che aveva sempre saputo delle relazioni di sua moglie ma che ha taciuto per paura di perderla. Alcuni giorni dopo il fotografo muore e la polizia arresta Kōji. I direttori della residenza offrono a Yūsuke una scelta: entrare nel ruolo di Vanja o cancellare del tutto lo spettacolo.

Yūsuke chiede a Watari di portarlo nella sua casa d'infanzia a Hokkaido. Durante il viaggio in macchina parlano del proprio passato e dei propri rimpianti; lui svela come avrebbe potuto salvare la moglie se solo avesse affrontato la discussione prima o le avesse dato quantomeno l'impressione di voler realmente parlare di cosa fosse accaduto; Watari rivela che avrebbe potuto salvare sua madre nella frana, ma ha scelto di non farlo. Tornati a Hiroshima Yūsuke recita in modo molto sentito ed appassionato il ruolo di Vanja. Passano gli anni e si vede Watari fare la spesa in uno store coreano e poi entrare nella Saab rossa dove un cane la aspetta sul sedile posteriore.

Vincitore del Premio Oscar, del premio Bafta e del Golden Globe come miglior film straniero nel 2022, Hamaguchi aggiunge qualcosa al racconto di Murakami come alcuni elementi presi da due altri racconti Sheherazade e Kino, che fanno parte dalla stessa raccolta.



Voto: 3.5/5

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