2020, 81min.
di Leonardo Guerra Seragnoli
con Valeria Bruni Tedeschi, Edoardo Pesce, Vincenzo Crea
Recensione di Valentina Corona
Spoilerometro:

Trasferire un’opera letteraria sul grande schermo, si sa, può rivelarsi un’operazione rischiosa: il lettore affezionato non riuscirà a fare a meno di esigere accuratezza filologica dalla trasposizione, il regista potrà facilmente essere accusato di beneficiare di un successo non completamente suo. L’operazione diventa tanto più pericolosa quanto più l’opera letteraria è nota e gode di un buon successo di critica; il rischio aumenta ulteriormente se si è optato per un riadattamento della trama anziché per una trasposizione fedele.
Con il suo Gli indifferenti Leonardo Guerra Seragnoli accetta la posta più alta, scegliendo di trasporre in chiave moderna l’omonimo romanzo di Alberto Moravia, protagonista indiscusso della letteratura italiana del Novecento alla sua opera prima. Prima di lui ci aveva provato solo Francesco Maselli nel 1964, con un adattamento fedele e Claudia Cardinale nei panni della giovane Carla.
Protagonisti della storia diventano allora i membri di una famiglia romana del duemilaventi, borghesi decadenti alle prese con debiti da sanare e un attico di lusso ai Parioli da vendere al miglior offerente. Leo (Edoardo Pesce), amante di Mariagrazia e manager coinvolto in traffici loschi, tenta di farsi cedere l’immobile a un prezzo incredibilmente basso, approfittando della relazione sentimentale con la mater familiae – una Valeria Bruni Tedeschi sempre all’altezza delle aspettative – avviluppata in una totale incapacità di prendere decisioni e assolutamente inconsapevole di nutrire un sentimento non ricambiato. Le attenzioni reali di Leo si direzionano infatti verso la figlia Carla, una streamer in conflitto con la madre, che immagina per lei un impiego tradizionale in grado di risollevare le sorti della famiglia – Seragnoli non è nuovo al tema del rapporto tra giovani e social, già al centro di Likemeback. Michele, fratello di Carla apertamente ostile a Leo, è forse il personaggio che rimane maggiormente fedele alla trama originaria, alternando sprazzi di risolutiva volontà all’arrendevolezza nei confronti di un presente che appare troppo faticoso per essere modificato. Giovanna Mezzogiorno, cui viene riservato un ruolo marginale, veste infine i panni di Lisa, amica di Mariagrazia con cui Michele intesse un affaire senza convinzione.

Poco o nulla purtroppo rimane dell’introspezione psicologica di cui Moravia aveva intessuto la sua creazione letteraria: i personaggi di Seragnoli si aggirano sulla scena – l’ambientazione è nella maggior parte dei casi l’interno dell’ambiente domestico – in preda a sentimenti poco chiari e quasi vittime di un incomprensibile furor fin troppo distante dall’indifferenza programmatica che Moravia aveva scelto di descrivere in modo lucido e inequivocabile. Difficile, nell’interpretazione del regista, comprendere i percorsi della mente che consentono ai personaggi di approdare alle proprie azioni, specie nel caso dello scatto di volontà di Carla con cui si conclude il lungometraggio, in netta antitesi col finale di Moravia.

Una menzione speciale merita la scelta di Seragnoli di includere nel cast i giovanissimi Vincenzo Crea e Beatrice Grannò – più convincente l’interpretazione del primo che della seconda.
La sensazione rimane quella di un film che ammicca allo spettatore e ai tempi moderni, gradevole ai sensi ma incredibilmente vuoto. Ne avevamo davvero bisogno?
Voto: 2/5
Comentários