di Leigh Whannell
2020, 124min.
con Elisabeth Moss, Oliver Jackson-Cohen, Aldis Hodge, Storm Reid, Harriet Dyer
Recensione di Valentina Corona.
Spoilerometro:

È notte fonda. Cecilia (Elisabeth Moss) si muove di soppiatto in un’enorme villa vuota, fatta eccezione per l’uomo che dorme accanto a lei, ignaro di essere stato drogato con degli psicofarmaci. La donna spegne le telecamere di sicurezza, indossa vestiti comodi e raccoglie le proprie cose in un borsone, con l’intento evidente di fuggire senza essere vista. Ad aspettarla fuori c’è la sorella Emily (Harriet Dyer), che non sa ancora che Cecilia sta cercando di mettersi in salvo da un compagno violento.

Sembrerebbe tutto finito quando la donna, ormai al sicuro in casa dell’amico nonché agente di polizia James (Aldis Hodge), riceve la notizia che Adrian, il partner che ha abbandonato, è morto suicida lasciandole in eredità l’immenso patrimonio accumulato in una carriera da ottico di successo. Poco dopo, però, Cecilia comincia ad avvertire una presenza inquietante intorno a sé, mentre innumerevoli segnali sembrano indicarle in modo inequivocabile che Adrian è ancora vivo e sta incomprensibilmente continuando a mettere in pericolo la sua vita e quella dei suoi cari.

Whannel, già sceneggiatore e produttore della saga Saw - L’enigmista, veste qui per la terza volta i panni di regista, dopo l’esperienza di Insidious 3 - L’inizio (2015) e Upgrade (2018). Per nulla nuovo al mondo dell’horror e dello splatter, con The Invisibile Man l’australiano, che del film è anche sceneggiatore, riesce comunque a innovarne i tópoi, collegando l’idea dell’orrore direttamente alla violenza di genere in modo intelligente e singolare. Cecilia, infatti, protagonista vittima di abusi ripetuti, guida la focalizzazione della macchina da presa, che segue il suo terrore mentre si ritrova a relazionarsi con una presenza palpabile e ciononostante invisibile, un’entità che però nulla ha a che fare con la sfera del paranormale. Molto significativa, in questo senso, è la scena in cui la donna si avventura nella soffitta di casa dopo avere sentito la vibrazione di un telefono provenire da quel luogo: la sequenza lascia col fiato sospeso lo spettatore, che ha la sensazione di trovarsi davanti a una cornice nota, all’interno della quale, tuttavia, non riesce a individuare la fonte da cui scaturirà il terrore.

La trama tocca punte notevoli di banalità nel momento in cui fa di Adrian un uomo realmente invisibile, dato che l’ottico si serve di una tecnologia di ultima generazione (e non meglio identificata) che gli consente davvero di non essere visto al bisogno. Questa concessione a un razionalismo eccessivo, comunque, non toglie a The Invisibile Man la sufficienza piena.
Voto: 3/5
Comments