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La fiera delle illusioni (Nightmare Alley)

2021, 150min.

di Guillermo del Toro

con Bradley Cooper, Rooney Mara, Cate Blanchett, Willem Dafoe


Recensione di Francesco Mosca


Spoilerometro:



Dopo il successo de - La forma dell’acqua -, Guillermo del Toro torna in sala con il suo undicesimo lungometraggio La fiera delle illusioni (Nightmare Alley), adattamento dell’omonimo romanzo di William Lindsay Graham.



Il film racconta la storia di Stanton “Stan” Carlisle (Cooper), uomo all’apparenza senza passato, nel suo vagabondare arriva a lavorare in una fiera di fenomeni da baraccone. Qui conosce Madame Zeena ed il marito alcolista Pete che lo accolgono e lo prendono a lavorare come assistente nel loro numero di chiaroveggenza. Sebbene all’inizio sembri un uomo onesto, Stan rivela a poco a poco le proprie ambizioni di ricchezza e potere, specie nell’occasione in cui si imbatte negli appunti di Pete, ex mentalista ormai caduto in disgrazia, di cui vuole carpire i segreti.


Parallelamente Stan fa la conoscenza di Clem (Dafoe) che gestisce il baraccone dell’Uomo bestia e distilla alcool clandestino e metanolo per conto degli altri giostrai e di Molly (Mara) la Ragazza elettrica, di cui Stan si innamora al punto da chiederle di fuggire insieme e organizzare uno spettacolo per conto proprio.

Una notte Stan dà a Pete una bottiglia di metanolo per sbaglio, provocandone la morte; successivamente quando lo sceriffo locale si presenta alla fiera per farla chiudere Stan usa le sue abilità da imbonitore per raggirarlo e farlo desistere. A questo punto Molly accetta la sua proposta di fuggire insieme e, al momento dei saluti, Madame Zeena gli regala il libro di appunti di Pete.

La vicenda riprende due anni dopo, a Buffalo, dove Stan e Molly hanno organizzato un numero di mentalismo di successo negli hotel più esclusivi della città; qui, durante un’esibizione, Stan incontra la dottoressa Lilith Ritter (Blanchett). L’incontro tra i due costituirà l’inizio della fine per Stan e per le sue ambizioni.



Associato fin dal suo esordio ad un cinema ricco di immaginario fantastico e dell’orrore, popolato da mostri e creature di ogni genere, il regista messicano abbandona parzialmente lo stile che lo ha reso celebre per mettere in scena un noir cupo, al confine col dramma psicologico, tale è quello di Stan che indossa una maschera di signorilità e classe durante i suoi spettacoli ma che in realtà è un uomo meschino, divorato dall’ambizione di successo e ostacolato da problemi irrisolti verso la figura paterna. Tali debolezze costituiranno la leva su cui farà perno il piano di raggiro machiavellico della dottoressa Ritter che finirà per sfruttarle con ammaliante abilità a danno del protagonista.

La dottoressa Ritter, infatti, incarna l’archetipo della femme fatale: è indipendente, intelligente, ambiziosa, bellissima ed esattamente come gli uomini sfrutta i suoi talenti per ottenere quello che vuole anche a discapito del prossimo.


D’altronde i personaggi tratteggiati da del Toro sono intrisi di elementi drammatici che affondano in Shakespeare e nel teatro greco: l’ambizione senza freni di Stan lo rende un Macbeth moderno disposto a tutto pur di soddisfare i suoi sogni di grandezza, ma anche una sorta di Edipo che non riesce a superare i problemi irrisolti con suo padre e in generale con tutte le figure paterne. Molly è affine al personaggio di Cassandra, i cui tentativi di riportare Stan con i piedi per terra e avvertirlo della malvagità delle sue azioni rimangono inascoltati; a lei si contrappone la figura della Dottoressa Ritter che utilizza seduzione e parole accattivanti per corrompere ulteriormente Stan come una sorta di Iago al femminile.



Il regista mescola con sapienza il proprio stile peculiare con i topois del noir, in un gioco di specchi caleidoscopico in cui niente è come sembra. I personaggi nascondono la loro natura sotto maschere di apparenza da mostrare alla società ma, se osservati dal punto di vista dello spettatore, appaiano distorti e traviati dai loro desideri. Nel sistema di del Toro l’umanità è corrotta e malvagia, e qualunque tentativo di redenzione, sebbene sincero, è tanto tardivo quanto inutile.

Questi elementi fanno de La fiera delle illusioni un punto di svolta nella filmografia del cineasta messicano, nonchè uno dei suoi lavori più maturi e carichi di significato.



 

Voto 3.5/5

 

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