2016, 80min.
di Michael Dudok de Wit
Recensione di Laura Caviglia
Spoilerometro:

La tartaruga rossa è un excursus allegorico che volteggia sopra il cielo degli eventi più importanti della vita di un essere umano, trattati ed esposti attraverso suggestive immagini fiabesche.
Il film nasce come primo lungometraggio di Michael Dudok de Wit, già autore di svariati corti, tra cui The Monk and the Fish (1994) e Father and Daughter (2000). Quest’ultimo in particolare raggiunse lo sguardo di Miyazaki, Takata e Suzuki dello studio Ghibli di Tokyo, i quali rimasero colpiti dal soggetto e dalla grafica, ritrovando in esso alcuni aspetti dell’arte giapponese, così da contattare Dudok de Wit per una proposta di collaborazione.
Il film si apre su un naufragio solitario di un uomo per noi senza nome, che viene trasportato dal mare su un’isola deserta. Il silenzio di un faccia a faccia appartato tra essere umano e natura, tra l’essere umano e se stesso, sarà sviluppato attraverso il dispiegarsi di simbolismi e visioni oniriche che accompagneranno il personaggio nella sua iniziale lotta per la sopravvivenza. La solitudine, se totale e pericolosamente eterna, ha il potere di rendere qualsiasi impresa fortemente estrema, e la frustrazione nel non riuscire a sottrarvisi conduce il protagonista sull’orlo dell’abbandono e della follia.

Questa fase di disequilibrio viene spezzata dalla scoperta dell’altro in quanto nemico: la tartaruga rossa fa il suo ingresso in scena e con lei, per la prima volta nel film, entra nell’immagine il colore rosso.

Il negare ad una creatura vivente la vita è l’alternativa in nero dell’accettazione di un legame col prossimo. Eros e thanathos sono la faccia di una stessa medaglia che se cade dal lato della croce conserva sempre in sé, nel lato coperto, la testa. Da questo paradosso si modella una figura femminile che, per quanto dapprima diffidente, si congiunge all’uomo nel momento in cui entrambi cedono qualcosa di se stessi al mare, come per lasciare spazio ad una nuova possibilità: la loro unione e la nascita di un figlio.

Quella de La tartaruga rossa è una narrazione che non ha bisogno di dialoghi: il significato è veicolato dalla fisicità dei personaggi, dal simbolismo dei paesaggi, a tratti ostici, cupi ed onirici, a tratti aperti e luminosi, il tutto plasmato da silhouette delicate e colori che possono ricordare la tecnica dell’acquarello.
Le immagini si susseguono senza alcuna fretta, il ritmo è lento, come non potrebbe che essere quello di un’isola deserta. Spesso de Wit si sofferma su particolari della scena di una semplicità pura che sembrano conservare in sé un significato profondo. Questa stessa purezza si ritrova pure nella spontaneità dei gesti quotidiani dei personaggi e del nucleo familiare, aspetti che rimandano sicuramente all’arte giapponese, come pure la necessità di regalare un respiro all’immagine con l’utilizzo di spazi vuoti nell’ideazione del paesaggio: spazi in cui il niente reagisce con la silhouette, esaltandola ma affiancandole un tratto di riposo per lo sguardo.
Il film non ha un unico messaggio: lo stesso de Wit afferma che debba essere il singolo spettatore ad interpretare il senso di quanto messo in scena. Ad essere dispiegati, d’altronde, sono argomenti universali: i temi della morte, dell’amore, del rapporto con la natura, della crescita e della separazione. Si tratta di archetipi che potremmo ritrovare in qualsiasi fiaba e che in de Wit vengono resi attraverso simboli radicati nell’immaginario collettivo, che agiscono a livello personale.

La percezione potrebbe essere quella di ritrovarsi, nello scorrere della trama, di fronte a misteri che non vengono svelati, che restano a fluttuare sospesi. Sarebbe del tutto superfluo trovarvi spiegazione: l’approccio al film deve essere di tipo intuitivo – l’intuizione in sé è una delle cose più sottili che possiamo esperire [1]. Con l’intuizione possiamo carpire il senso universale ed intimo di esposizioni narrative che si allontanano dal realismo, raggiungendole da un’altra angolazione e ad un livello di comprensione olistico e di più ampio respiro.
[1] https://www.youtube.com/watch?v=J8-ZD_brFgw
Voto: 4/5
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