2016, 89 min.
di William Oldroyd
con Florence Pugh, Cosmo Jarvis, Paul Hilton, Naomi Ackie, Christopher Fairbank
Recensione di Sofia Magliozzo
Spoilerometro:

Nonostante il titolo crei un collegamento immediato con la produzione shakespeariana, Lady Macbeth, non fa alcun riferimento – se non per la violenza e la ferocia - al dramma scritto da Shakespeare nei primi anni del 1600. Il violento dramma omicida, adattato a partire da un racconto di Nikolaj Leskov, sembra richiamare più personaggi come Madame Bovary e Catherine di Cime Tempestose che quelli del poeta inglese, allargando lo zoom su atteggiamenti discriminatori sulla base del genere e della classe sociale.
Nel Northumberland, zona rurale dell’Inghilterra settentrionale, una giovane adolescente di nome Catherine (F. Pugh) viene completamente spogliata dalla sua dignità umana nel momento in cui il padre, per far fronte a un debito economico, la condanna ad un matrimonio combinato con Alexander (P. Hilton), uomo con il doppio dei suoi anni e figlio di un ricco minatore di carbone che pare provare solo disgusto per lei.

Il ritratto della coppia può facilmente essere compreso osservando la scena della prima notte di nozze: Alexander, uomo burbero e distante da qualsiasi gentilezza, le ordina di spogliarsi e subito dopo, umiliandola e lasciandola nuda davanti ai suoi occhi come merce al mercato, la ignora voltandosi sul letto e si concede un momento di autoerotismo, come a voler sottolineare l’assoluto ribrezzo nei confronti della giovane moglie.
La realtà di Catherine, già profondamente sconfortante, risulta ancora più amara dal momento che i due vivono, all’interno di una grande tenuta circondata da giardini, con il padre di lui, Boris (C. Fairbank), il quale insiste affinché abbiano un erede. In questa magione borghese entrambi gli uomini trattano con disprezzo Catherine, costringendola a rimanere in casa e sottomettendola ad una vita noiosa e priva di qualsiasi entusiasmo. La donna è costretta a trascorrere le sue giornate in questa villa vuota e silenziosa insieme alla serva nera e quasi muta, Anna (N. Ackie), di cui rifiuta anche la simpatia, oltre che la compagnia.

Sebbene la sua realtà non sia delle migliori, Catherine non è mai una donna sconfitta ed in difficoltà ma vive come una ribelle fino in fondo. A dire il vero, sembra quasi che la crudeltà del marito e del padre alimentino un livore che è sempre stato dentro di lei e quando i due lasciano la città per affari lei prova, in tutti i modi, a riappropriarsi della sua libertà iniziando deliberatamente una relazione appassionata con Sebastian (C. Jarvis), un presuntuoso stalliere della tenuta.
È proprio attorno a questa storia di adulterio e tormento, capace di rivelare tutta la furia di Catherine, che ruotano gli eventi della pellicola in cui i suoi peccati diventeranno sempre meno perdonabili.
La storia descrive perfettamente come il privilegio dovuto alla ricchezza, alla posizione di classe e alla razza possa essere causa di solitudine e malessere, portando le persone ad essere vittime delle conseguenze derivanti dalle loro azioni e dalle azioni degli altri. Lady Macbeth, non è solo una potentissima riflessione sui limiti imposti dal potere e dal privilegio ma, con il finale che volge in modo inquietante e del tutto inaspettato, mostra come lo sfruttamento dell’ipocrisia per i propri fini, possa essere l’unico modo per provare a combattere, e chissà, forse anche a vincere, il patriarcato.
Voto: 4/5
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