2023, 110min.
di Sydney Sibilia
con Luigi D’Oriano, Giuseppe Arena, Emanuele Palumbo
Recensione di Mauro Azzolini
Spoilerometro:

Il cinema statunitense, nella costruzione di quell’american way of life capace di condizionare l’immaginario di tutto il pianeta, ci ha insegnato che non importa il luogo o la condizione economica della famiglia in cui si nasce, quello che conta per arrivare al successo sono le idee e la forza di volontà. Peccato, però, che le cose non stiano esattamente così.
A raccontarlo con grande ironia è l’ultimo film di Sydney Sibilia, in cui a prendere spazio è l’affermazione personale di un ragazzo che sì, viene dal nulla, ma che proprio in ragione del contesto in cui muove i propri passi assume connotati ai limiti dell’assurdo.
La storia - vera in ogni dettaglio - è quella di Enrico Frattasio, giovane napoletano di Forcella che insieme ai fratelli Peppe e Angelo mette in piedi, a metà degli anni ’80, la più grande centrale di contraffazione e distribuzione musicale d’Italia. Partendo dal sogno di fare il dj e dall’incisione su nastro di qualche compilation per amici e parenti, Frattasio comprende presto le potenzialità della strumentazione tecnica allora a disposizione e proietta la sua immaginazione su un mercato teoricamente infinito.
Il risultato è un successo senza precedenti: le musicassette pirata timbrate “Mixed by Erry” riempiono in breve tempo Napoli, la Campania e l’intero meridione, consentendo a chiunque l’accesso ad un patrimonio musicale spesso difficilmente reperibile o eccessivamente costoso. Dal piccolo magazzino di quartiere si arriva alle numerose di centrali di registrazione, alle centinaia di impiegati e ad un fatturato (si fa per dire, perché naturalmente è tutto in nero) di diversi miliardi di lire.

Come tutte le vicende che vedono premiata la genialità di chi non proviene dagli strati sociali più elevati, però, anche la parabola dei fratelli Frattasio finisce per dare fastidio; è così che la Guardia di Finanza, sollecitata da un governo che sente il fiato sul collo delle grandi etichette discografiche, prova in ogni modo a mettervi fine.
Sibilia sceglie di raccontare ancora una volta, come già fatto con Smetto quando voglio (2014) e L’incredibile storia dell’Isola delle Rose (2020), un’impresa titanica cominciata quasi per gioco.
L’insofferenza per una condizione che non si è scelta, la forza delle intuizioni e il coraggio rimangono, dunque, gli elementi fondamentali per la costruzione di una narrazione capace di interpretare le ambizioni dei giovani non come semplici velleità individuali, ma come manifestazioni di un desiderio di riscatto proprio di un’intera generazione.
Un desiderio di riscatto attraverso il quale trova espressione un disagio sociale, essenzialmente economico, che le istituzioni tendono a tacere, a nascondere o, nella maggior parte dei casi, a reprimere.

In un film senza nulla di memorabile dal punto di vista tecnico, a brillare è soprattutto l’interpretazione dei tre protagonisti. Pur alla prima prova cinematografica, D’Oriano (Enrico), Arena (Peppe) e Palumbo (Angelo) spiccano per la naturalezza con cui riescono ad interagire tra loro, quasi fossero veramente fratelli, e per la capacità di mostrare con pochi cenni, a volte impercettibili, la profondità dei personaggi inseriti in un racconto dal ritmo accelerato.
Attorno a loro si muove uno stuolo di figure spesso macchiettistiche, come nel caso del faccendiere milanese affidato a Fabrizio Gifuni o del capitano della Finanza interpretato da Francesco Di Leva, a cui fanno da contraltare gli sguardi affettuosi e consapevoli dei genitori (Adriano Pantaleo e Cristiana Dell’Anna). Il tutto su un tappeto musicale ininterrotto che alterna la splendida colonna sonora di Michele Braga al meglio della produzione pop degli anni ’80 per culminare nell’inedito ‘O dj (Don’t give up) di Liberato sui titoli di coda.

Se c’è, però, al di là della curiosità per la storia ai più sconosciuta, una ragione per guardare questo film essa risiede principalmente nella scelta del registro. Mixed by Erry è, infatti (finalmente verrebbe il caso di dire), una commedia a tutti gli effetti, ossia un’opera capace non solo di far sorridere per la maggior parte del tempo, ma di trasmettere in modo intelligente un messaggio sul proprio tempo. Insomma, qualcosa di cui il nostro cinema aveva profondamente bisogno.
Voto: 3/5
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