top of page

Nightmare - dal profondo della notte (A Nightmare on Elm Street)

1984, 91min.

di Wes Craven

con Robert Englund, Heather Lagenkamp, John Saxon


Recensione di Cristiano Lo Presti


Spoilerometro:





Freddy Krueger ha terrorizzato intere generazioni, me compreso che da bambino sudavo freddo semplicemente sentendone pronunciare il nome. Come Jason e Michael Myers - se non di più - è entrato sin dalla prima uscita cinematografica nell’immaginario collettivo.


Wes Craven ebbe l’idea leggendo degli articoli su alcuni membri di un gruppo di rifugiati del sud-est asiatico che morirono misteriosamente dopo essersi rifiutati per giorni di dormire a seguito di alcuni incubi tremendi. Privazione del sonno, urla strazianti, convulsioni e l’incapacità dei medici di stabilire con certezza le cause dei decessi ispirarono il regista nella creazione di un essere soprannaturale in grado di perseguitare ed uccidere le proprie vittime nel sonno agendo direttamente nei loro sogni. Un’intuizione tanto brillante da fruttare, con risultati altalenanti, sei seguiti, un crossover con la saga di Venerdì 13 e un reboot, oltre ad una serie tv andata in onda sul finire degli anni ‘80.



Personalmente ho dovuto aspettare l’età adulta per guardare il film e i relativi sequel (ho abbracciato il genere horror veramente tardi), scoprendo che ad accompagnare la crudeltà di Krueger c’era un talento comico mai visto prima in un mostro dell’orrore e mai eguagliato, probabilmente, fino ad Art il clown della saga Terrifier (nato nel 2008 dalla mente del regista Damien Leone, che ha dimostrato di attingere a piene mani allo stile e alle tecniche artigianali dal cinema dell’orrore degli anni ‘80, gli anni in cui il genere ha raggiunto l’apice del successo di pubblico).


Oggi il primo film di Nightmare è per me un comfort movie capace di divertirmi e risollevarmi il morale al pari di The Blues Brothers o Il Grande Lebowski.  Una commedia che anticipa di qualche anno le avventure del Kevin McCallister di Mamma ho perso l’aereo grazie a passaggi da “home invasion” esilaranti, senza per questo perdere la sua inquietudine, specialmente nel finale aperto che lascia lo spettatore con il dubbio tra cosa sia un sogno, un’illusione, e cosa la realtà.




La pellicola vede l’esordio di Johnny Depp, accanto alla protagonista Heather Lagenkamp e solidi attori come Robert Englund e John Saxon, grande volto del cinema di genere americano.


L’innovazione più evidente portata da Craven nel genere slasher è stata l’aver reso palese sin da subito l’elemento sovrannaturale, laddove in altri mostri protagonisti di pellicole quali Halloween e Venerdì 13 la loro natura immortale rimaneva inspiegata. In particolare è curioso il caso di Jason Voorhees, villain iconico della saga Venerdì 13, fisicamente assente nel capostipite e che impiegherà ben tre film a raggiungere una caratterizzazione definitiva, che in tali pellicole passa anche e soprattutto dal character design, vestiti, armi utilizzate e maschere indossate.


Freddy Krueger, al contrario, è un cattivo le cui caratteristiche e la cui backstory vengono descritti sin da subito. Si tratta di un pedofilo che viene arso vivo dai genitori delle sue vittime e che, ottenuta la capacità di manifestarsi anche dopo la  morte, s’insinua nei sogni dei figli dei suoi carnefici per tormentarli.


Come ogni slasher che si rispetti, non manca in questo primo capitolo della saga una correlazione tra la sessualità e la morte, vera e propria regola fondativa del sotto-genere, per cui spesso il sesso è alla base del trauma che rende mostri (la pedofilia di Freddy, a cui si aggiunge lo stupro subito dalla madre di cui si menziona nel terzo capitolo), così come l’avere una vita sessuale attiva equivale ad una condanna a morte. Non a caso in ogni film del genere la final girl, l’unico personaggio del gruppo a sopravvivere, è l’elemento che maggiormente rispecchia la purezza. Il mostro in tal senso sembra voler rappresentare il puritanesimo della società (americana in primis).



Altro elemento degno di nota è l’uso di un espediente già rintracciabile in film come Profondo rosso, ossia l’uso di una melodia infantile, al limite tra la natura rassicurante della filastrocca e le atmosfere perturbanti delle favole, che ha come scopo quello di permeare l’intera atmosfera di un’inquietudine vivida.


L’insieme di tutti questi elementi di adesione al genere, misto alla capacità di Craven di rinnovarlo con un tocco di umorismo maggiore rispetto alle altre pellicole del periodo, rendono Dal profondo della notte uno dei film più iconici e tutt’oggi godibili degli anni ‘80.


Voto: 4/5


Comentários


bottom of page