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Piccolo Corpo

2022, 89min.

di Laura Samani

con Celeste Cescutti e Ondina Quadri


Recensione di Valentina Corona


Spoilerometro:



In un’isola friulana di inizio Novecento a nulla valgono i riti propiziatori delle donne della piccola comunità riunite intorno alla partoriente Agata: la giovane dà comunque alla luce una bambina morta, esanime già all’interno del proprio ventre. Stando alle regole che il cattolicesimo impone, la creatura è destinata al limbo dei non-nati-vivi, ma Agata insiste perché il “piccolo corpo” venga battezzato e gli sia riconosciuta una prova di esistenza attraverso l’attribuzione di un nome. Quando il sacerdote dell’isola le nega quello che percepisce come un diritto, all’insaputa del marito indifferente, la donna parte per un lungo viaggio alla volta di un santuario montano, dove si dice che, grazie a un miracolo, i piccoli nati morti possano emettere un primo e ultimo respiro e ricevere così il primo sacramento.



Con Piccolo corpo la triestina Laura Samani, classe 1989, si cimenta nel suo primo lungometraggio e sbarca direttamente alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes, reduce dal corto del 2016 La santa che dorme, in cui, insieme agli sceneggiatori Marco Borromei ed Elisa Dondi, manifestava già il proprio interesse per l’intreccio tra il folklore e le vicende personali degli uomini. Nello stesso anno in cui dà vita al primo prodotto cinematografico la regista scopre che in epoca di Controriforma l’arco alpino della nostra penisola era disseminato di santuari in cui i corpi dei bambini morti venivano portati per essere battezzati, nella speranza di un miracolo che li risvegliasse; tra questi luoghi magico- religiosi attira la sua attenzione in particolare il santuario di Trava, situato in provincia di Udine al confine con l’Austria e ancora esistente (1).

È una fiaba a tutti gli effetti quella che Samani porta sul grande schermo ambientandola nei paesaggi della Carnia: ci sono il divieto e l’infrazione del divieto, l’eroina Agata, forte e determinata, l’antagonista Lince (che finisce però col rivelarsi anche aiutante), la partenza, il tranello dell’antagonista, la ricerca, il viaggio, un oggetto “magico” – la scatola di legno in cui giace il corpo esanime di sua figlia – che si fa stratagemma per aiutare Agata ad avanzare lungo il percorso. L’elemento fiabesco, tuttavia, non impedisce alla regista di rendere l’ambientazione in modo realistico e accurato, grazie alla scelta di fare parlare gli attori nelle lingue e nei dialetti attraversati nel peregrinare della protagonista e all’inserimento nel tessuto narrativo di canti popolari della tradizione friulana, alcuni dei quali scritti dalla stessa Samani sulla base delle proprie ricerche.




Nella sua capacità di ricondurre le vicende dell’eroina Agata alla storia di solitudine e di svilimento di una donna e di una madre come tante altre, l’esordio della giovane regista triestina si mostra profondo e commovente e spinge lo spettatore a un’immedesimazione che va molto al di là delle potenzialità della fiaba. Sentiremo ancora parlare di Laura Samani.




(1) https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/cinema/2022/02/12/i-fratelli-grimm-in-

carnia-la-favola-cruda-di-piccolo-corpo_a8c66fea-14a8-411c-baca-777c0636dfbb.html.


 

Voto: 3/5

 

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