2022, 90min.
di Damiano D’Innocenzo e Fabio D’Innocenzo
con Elio Germano, Astrid Casali, Sara Ciocca, Carlotta Gamba, Federica Pala
Recensione di Valentina Corona
Spoilerometro:

Massimo Sisti, dentista, vive a Latina in una villa con piscina insieme alla moglie e alle figlie, bionde e bellissime. La sua esistenza trascorre indisturbata nel benessere economico e degli affetti – un’“America”, in buona sostanza – finché una scoperta incomprensibile ne scardina le certezze: nella cantina di casa sua, circondata da cumuli di spazzatura, giace legata e imbavagliata una ragazzina poco più grande della sua figlia minore senza che lui ne sappia nulla. La giovane reca sul corpo i segni di una violenza di lungo corso, ma non riesce ad articolare parole che possano spiegarne le ragioni, capace com’è di emettere soltanto grida e versi. Per non turbare l’equilibrio familiare, Massimo decide di non parlare a nessuno del ritrovamento e comincia a indagare in solitudine, mentre si prende cura della ragazzina.


America Latina, terzo lungometraggio dei fratelli D’Innocenzo, secondo con la partecipazione di Elio Germano, vede il duo romano cimentarsi nel primo thriller psicologico della loro carriera, in cui la periferia romana e i rapporti familiari, capisaldi tipici della loro narrazione, vengono declinati con sfumature nuove. In America Latina, infatti, il dubbio di verosimiglianza con cui si apriva Favolacce si intreccia con la fallibilità della psiche umana per esplodere in tutta la sua potenza: dove sta la verità, e chi ha messo quella ragazzina nello scantinato? I dubbi incalzano Massimo e con lui lo spettatore, impossibilitato a sostare con convinzione in nessuna delle proprie ipotesi e inorridito da qualunque di esse prenda in considerazione. L’espediente già visto dell’inquadratura inframmezzata da vetri e tende (così conoscevamo Mirko e Manolo in La terra dell’abbastanza), allora, è quanto mai appropriato a farsi metafora della mente intenta ad attingere, oltre il velo, alla realtà delle cose: una realtà sfumata, opaca, ostacolata.

America Latina è un anti-romanzo di formazione, il racconto di una discesa agli inferi di cui le scale verso la cantina, che conducono Massimo a fare visita all’ospite indesiderata sempre più ubriaco e drogato, sempre meno lucido della volta precedente, non sono altro che una rappresentazione visiva. Potrebbe forse stupire sapere che i D’Innocenzo lo hanno descritto come un film che «parla di amore», ma in fondo è solo grazie a un atto d’amore che la matassa dell’intreccio viene dipanata.
Se un buon thriller è quello che tiene lo spettatore col fiato sospeso e con gli occhi incollati allo schermo fino all’ultimo, il film dei D’Innocenzo lo è sicuramente, anche se il finale ha un sapore piuttosto banale alla luce dell’architettura narrativa complessiva. Il risultato più che soddisfacente, tuttavia, sarebbe stato difficilmente raggiungibile senza l’enorme contributo di Elio Germano, protagonista assoluto la cui prestazione appare al posto giusto in ogni gesto del corpo e modulazione della voce.

Menzione speciale alla fotografia di Paolo Carnera – alla terza collaborazione con i D’Innocenzo, il veneziano appone un marchio che è ormai una cifra stilistica – e alle musiche originali dei Verdena.
Voto: 3.5/5
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