2015, 117min.
Di Peyton Reed
Con Paul Rudd, Michael Douglas, Evangeline Lilly
Recensione di Cristiano Lo Presti
Spoilerometro:

Scott Lang è un ex ingegnere elettronico appena uscito di galera, nonché padre divorziato a cui viene impedito di passare del tempo con la figlia. Pur cercando di mettere ordine nella propria vita non riesce a mantenere un impiego stabile a causa della sua fedina penale. La sua seconda occasione arriva quando lo scienziato Hank Pym (l’originale Ant-Man) lo contatta per proporgli di diventare il suo successore per impedire al suo ex pupillo di vendere la propria tecnologia a scopi militari.

Capitolo un po' atipico e a mio avviso sottovalutato della saga (ahimè davvero infinita) del Marvel Cinematic Universe, che mette per un attimo da parte l'imminente fine del mondo in favore di una commedia divertente, forse uno dei maggiori punti di forza del film, nonché segno distintivo rispetto alla maggior parte dei capitoli della saga.
Ho trovato il lavoro sui personaggi superiore alla media dei cinecomic, ben caratterizzati e a tratti irresistibili. Si pensi al lavoro svolto su personaggi di supporto come gli amici di Scott, in particolar modo Luis (interpretato da Michael Peña) o la piccola Cassie.
Io sono fermamente convinto che la bontà di un film la si veda soprattutto dalla qualità dei personaggi secondari, perché a loro in particolar modo è attribuito il compito di dare vita alle eventuali sottotrame, necessarie per rendere credibile il contesto entro cui si muovono i protagonisti, avendo tra l’altro la libertà di non dover seguire strettamente la trama principale del film, che nei cinecomic tendenzialmente consiste in “l’eroe combatte contro un villain per salvare il mondo”. A un film con un protagonista costretto a sostenere da solo l’intero peso della trama, per quanto ben scritto e ben interpretato, (a mio personalissimo avviso) mancherà sempre quel qualcosa in più che avrebbe potuto renderlo ancor più memorabile.
Almeno per me.
Ecco, quando riguardo Ant-Man (ed è uno dei film dell’MCU che rivedo più spesso e più volentieri) quello che mi gusto maggiormente sono i personaggi e le dinamiche tra loro, come se la trama principale non fosse altro che un grosso mcguffin (Secondo Hitchcock è un elemento la cui unica funzione è dare dinamicità alla trama; la busta con il denaro in Psycho, la valigetta in Pulp Fiction. So che suona male, ma per me è un complimento, vuol dire che il film in sé funziona.

Poi chiaramente c’è anche l’azione, meno strabordante rispetto ad altri titoli e con un utilizzo più creativo della CGI grazie alla quale ci mostra cose che raramente vediamo nei film, come i continui passaggi da grandezza naturale a piccolissimo del protagonista, che solleticano la mia immaginazione com'è sempre più raro che accada. Un tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi 2.0.
L’unico punto debole forse è l’antagonista non particolarmente carismatico, seppur non disprezzabile, per quanto in realtà perfettamente in linea con un film come Ant-Man, che a tratti sembra voler essere la versione “indie” di un cinecomic Marvel, un outsider che abbandona l’opulenza del resto della saga (almeno all’apparenza) in favore di un film dalle dimensioni ridotte come il suo protagonista.
Si percepisce lo zampino di Edgar Wright (qui accreditato come produttore), che del film ha scritto una prima stesura del soggetto e della sceneggiatura, e che in origine avrebbe dovuto esserne anche il regista, sostituito in corsa da Peyton Reed per divergenze creative con il vero deus ex machina dell’intero MCU Kevin Feige. Rimane il rammarico di non poter vedere cosa sarebbe stato questo film se diretto da Wright, essendo molto evidentemente nelle sue corde.
Voto: 3.5/5
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