Mondocane
- traumfabrikblog
- 15 dic 2021
- Tempo di lettura: 2 min
2021, 110min.
di Alessandro Celli
con Alessandro Borghi, Dennis Protopapa, Ludovica Nasti
Recensione di Valentina Corona
Spoilerometro:

Taranto, futuro prossimo: il potere inquinante delle acciaierie Ilva ha reso una parte della città inabitabile; la maggior parte della popolazione si è spostata a “Taranto nuova” nel tentativo di continuare a condurre una vita normale, lontano da malattie e brutture. Mentre il divario sociale è ormai divenuto lancinante, Taranto vecchia ha finito con l’ospitare bande di indigenti e criminali in lotta, tra cui emerge con forza il gruppo delle “Formiche”, capitanato da “Testacalda” (Alessandro Borghi). Su questo scenario si stagliano le storie di Pietro e Christian, giovani appena adolescenti in lotta per la sopravvivenza, le cui vicende si intrecciano con quelle di personaggi secondari, la poliziotta Katia (Barbara Ronchi) e la piccola Sabrina (Ludovica Nasti), rappresentanti di una moralità ormai in declino.

Di giovani e di creazioni per giovani, in effetti, la carriera di Alessandro Celli – al suo primo lungometraggio di finzione – è piena (dalla sitcom Lola e Virginia alla serie I cavalieri di Castelcorvo, passando per Jams). Ed è proprio l’amicizia tra due giovani a essere al centro di Mondocane, che, per quanto sembri riecheggiare, da un lato, l’azione di Lo chiamavano Jeeg Robot e strizzi l’occhio, dall’altro, al mondo della criminalità di Gomorra, rimane prima di tutto un film di formazione.
Il clima distopico, infatti, è da Celli solo accennato – forse in modo non del tutto volontario – , suggerito quasi esclusivamente dalla comparsa, qua e là, di automobili visionarie e armi particolarmente all’avanguardia. Solido fulcro tematico del lungometraggio è invece la lotta manichea tra bene e male, l’eterno interrogativo sulla possibilità per l’essere umano di rimanere puro a dispetto di ogni contesto, nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza che si configura di per sé come rito di iniziazione alla corruzione del mondo.

E il rito di iniziazione di “Mondocane” coincide con il primo crimine che il giovane Pietro è invogliato a commettere quando le Formiche lo ingaggiano per dare fuoco alla bottega di cui finirà col prendere il nome. Entrato a far parte del gruppo criminale, prevalentemente composto da suoi coetanei, insieme all’inseparabile compagno Christian – che si guadagna invece l’epiteto di “Pisciasotto” –, si troverà presto davanti al bivio imposto dalla coscienza, che in un mondo intriso di bruttezza, ci ricorda Celli, più frequentemente si trova a vacillare.
Prodotto da Matteo Rovere e presentato alla 78ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Mondocane è certamente un esordio coraggioso, a cui si perdonano facilmente l’introspezione di certi personaggi e un contesto non sempre sufficientemente delineati e qualche involuzione in termini di significato generale. Aspettiamo Celli al varco.
Voto: 2.5/5
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