2001, 96min.
Di Marco Ponti
Con Stefano Accorsi, Libero De Rienzo, Anita Caprioli
Recensione di Cristiano Lo Presti
Spoilerometro:

In loving memory of Libero De Rienzo.
L’esordio alla regia di Marco Ponti è entrato nella memoria (per non dire nel cuore, ché non mi piace) di chiunque l’abbia visto, meritando la nomea di “cult generazionale” e svariati riconoscimenti, tra cui due David di Donatello.
Il film prova a raccontare l’insicurezza dei neo-laureati, rappresentati dalle figure speculari di Andrea (Stefano Accorsi) e Bartolomeo detto Bart (Libero De Rienzo). Se il primo è ansioso di trovare il proprio posto nel mondo, autosabotando tuttavia un colloquio di lavoro dopo l’altro, terrorizzato com’è dall’idea di prendersi delle responsabilità, il secondo vive serenamente la propria sindrome di Peter Pan chiuso nella sua bolla, come se si trattasse della scelta lucida e consapevole di una persona autenticamente priva di ambizioni, che vive la quotidianità con una spensieratezza sorniona, quasi zen.

Il castello di carte fatto di alibi confortevoli costruito da Andrea crolla quando incontra Dolores (Anita Caprioli), imprevisto che porta a galla la fragilità dei suoi comportamenti disadattivi, quello che il filosofo e matematico francese René Thom chiamerebbe «catastrofe», dopo il quale Andrea si trova costretto ad evolversi e provare seriamente a crescere o continuare a temporeggiare paralizzato dalla paura, cioè ristabilire la “normalità”. Qualunque strada scelga di percorrere, parafrasando La teoria delle catastrofi di Thom, non potrà più fingere di non esserne responsabile, perché inevitabilmente avrà acquisito una nuova consapevolezza. In questo frangente Bart, come togliendosi la maschera da giullare che è solito indossare, si rivela come la voce della coscienza di Andrea, e per estensione di noi tutti.

Se la recitazione di Accorsi è come sempre gigiona e sopra le righe ed è fin troppo evidente che Anita Caprioli stia recitando un copione imparato a memoria, difetto molto diffuso tra gli attori italiani, a stupire e lasciare il segno è soprattutto la naturalezza con cui il compianto Libero De Rienzo dà vita a Bartolomeo, definendo una volta per tutte la sua cifra stilistica. Il suo Bart è “vero”. Ogni parola che pronuncia, ogni espressione, ogni inflessione della voce sembra improvvisata, o meglio, De Rienzo non sembra un attore che interpreta un personaggio, non sembra ripetere un testo scritto, sembra piuttosto un qualunque ragazzo reale che si muove nel mondo reale. È vivo, come ogni personaggio dovrebbe essere. Se recita non si vede.
Più volte si è detto del suo Bart che è l’amico che tutti vorremmo, quello sempre pronto ad alleggerirci la vita con la sua attitudine scanzonata, a vivere come se fosse un gioco, quello sì un palcoscenico entro cui muoversi con leggerezza, ma al tempo stesso quell’amico che è pronto a sbatterci in faccia la realtà quando ci perdiamo nel caos sempre più aggrovigliato che noi stessi creiamo a causa di ansie che ci rendono inadeguati al vivere. Ci da una sberla, ma senza atteggiamenti di superiorità o paternalismi. Perché lui è al nostro stesso livello, ma vive con lucida leggerezza, come per gioco. Il rifugio perfetto.
Assolutamente degna di nota anche la colonna sonora dei Motel Connection, side project di Samuel Romano dei Subsonica, qui al loro esordio, che lega meravigliosamente con la Torino mostrata da Marco Ponti, specialmente negli esterni notturni osservati dal parabrezza di un auto, restituendoci le suggestioni suggerite dalle canzoni della band Piemontese.
Post Scriptum: Possiamo fare l’amore adesso?
Voto: 3.5/5
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