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The Room

2003, 99min.

Di Tommy Wiseau

Con Tommy Wiseau, Greg Sestero, Juliette Danielle


Recensione di Cristiano Lo Presti


Spoilerometro:



Perché mai ci si dovrebbe limitare a scrivere di grandi capolavori della storia del cinema, gemme nascoste indipendenti che esplorano le profondità dell’animo umano o nuove uscite chiacchierate e talvolta premiate? Grandi blockbuster americani o pellicole europee che hanno visto tre persone, regista e montatori compresi, ma che con la loro delicatezza racchiudono la bellezza mai banale del raccontare storie di eccezionale ordinarietà?

Se, come cantava Morgan ai tempi dei Bluvertigo, «In ogni opera d’arte che si rispetti come minimo c’è tutto; tutto è tutto, vuol dire tutto, quindi anche brutto» (L’arte dei miscugli, 1997), mi sembra doveroso, o quanto meno divertente, affrontare anche quello che alcuni hanno definito “il Quarto Potere dei film brutti”. Io mi fido, sarà che Quarto Potere, pur possedendolo in vhs, non l’ho ancora visto mentre questo film l’ho visto appena ne ho avuto l’occasione (su youtube con i sottotitoli in italiano, fatelo anche voi).


Chiaramente sto parlando di The Room, opera del 2003 scritta, prodotta, diretta e interpretata dal misterioso Tommy Wiseau, di cui non conosciamo né il vero nome né la vera età né la provenienza precisa. Insomma, un po’ il Banksy o l’Elena Ferrante del cinema indipendente americano.

In questo caso, indipendente per necessità, dato che nessuno ad Hollywood vedeva in lui il talento che sosteneva di avere, rifiutando di conseguenza di fargli ottenere dei ruoli. Il buon Tommy decise dunque di darsi da solo questa possibilità.



Sì, ok, direte voi. Ma la domanda che chiunque abbia visto il film, me compreso, è «chi è il folle e incosciente che ha messo mano al portafoglio???». La risposta è così semplice da far passare per ingenuo chiunque si sia posto un quesito così insolente: lui stesso. 6 milioni di dollari usciti di tasca propria. E io che mi sento in colpa se compro un libro.


Il film parla di un triangolo amoroso tra Johnny (Tommy Wiseau), un uomo amato da tutti, apparentemente perfetto, con un buon lavoro, che se lo incontri per strada ti inchini al suo cospetto, gli lecchi le scarpe e poi gliele pulisci perché la tua saliva piena di germi e batteri non è certo degna di avvicinarsi a un santo di tale grandezza; Lisa, la sua fidanzata ingrata (che fa anche rima) che nonostante lui sia un uomo di una tale generosità e magnificenza che persino Gesù Cristo al confronto sembra un fallito, lo tradisce con Mark, il suo altrettanto ingrato miglior amico.



Inoltre, per sottolineare una magnificenza che altrimenti rischiava di restare sottotraccia, Johhny si prende cura di un adolescente con i capelli brutti interpretato da uno che avrà sì e no la mia età, il quale è a sua volta innamorato di Lisa (una vera e propria femme fatale), ma si accontenta di guardarli copulare. Chi siamo noi per giudicare? Io lo trovo infinitamente tenero.


L’arco narrativo più interessante è senz’altro quello della madre di Lisa, la quale generalmente entra in scena, tesse le lodi di Johnny per circa due minuti e infine dice «ora devo andare». E se ne va. «Così, de botto, senza senso» direbbero le malelingue.

A chiudere il quadretto c’è una coppia di amici dei protagonisti il cui ruolo nella trama è… non si sa, onestamente. Però ogni tanto spuntano e fa sempre piacere.

Insomma, al di là di qualche sottotrama che non viene sviluppata, la storia parla di questo triangolo amoroso che tiene lo spettatore incollato allo schermo fino al commovente tragico finale.


Gli attori, poverini, fanno quel che possono, solo che nel loro ventaglio di possibilità la recitazione non è mai stata contemplata.

Nulla si può dire contro la fotografia, perché fondamentalmente non c’è. (Dai, non è vero… c’è ed è brutta come la finale degli europei del 2000 persa contro la Francia).



Il montaggio forse può apparire scadente, ma che vuol dire? Mica è facile montare un film. Io ad esempio non saprei farlo, volete prendermi in giro per questo?

In fondo ciò che conta è il cuore del film, e questo è che il tradimento onestamente è una brutta cosa.

Casomai ve lo steste chiedendo, essendo diventato un cult imprescindibile e amatissimo, negli anni The Room ha incredibilmente fruttato un bel po’ di quattrini al caro Tommy.


Questa magnifica storia, perfetta metafora del sogno americano, ci insegna che se hai milioni di dollari sul conto, i tuoi sogni si possono sempre avverare. Chiamatemi sognatore, illuso o Giampiero, ma io ci credo.


Voto: 0.5/5

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